IL MATTINO
A un passo dal vero
09.04.2017 - 12:20
La poetessa Isabella Morra, uccisa a 26 anni
(dal IV cap.)
L’ispirazione non è verità, forse più che verità, si diceva sommessamente angosciato, interrompendo di tanto in tanto la litania della madre.
Ma’, calmat’, ma’, pensamm’ a tutt’ noi, ma’…
V Capitolo
“Non tarderà l’angoscia a trasparire/fuor dai miei occhi, ch’ora son già spenti/…………………./la carne mia legata al tuo destino//brucia d’ardore e insieme di tal pena/che ………………//Non lascerò mie pene fino a quando/il mondo non saprà di mia sventura;/…………/di lieti giorni mai potrò godere//se tu non mi darai alfine ascolto/e di vendetta giurerai …..”
La ricostruzione dei versi era avvenuta a fatica, ogni parola, aiutata dal ritmo, era tornata pian piano al suo posto: c’era un oltraggio, una pena, una richiesta di vendetta. Arcangelo si chiedeva come avesse potuto leggere e passare oltre, lodando la maturazione dei mezzi stilistici, ignorando totalmente la “vita” che si era fatta “letteratura” per essere detta, comunicata. Ne era ossessionato. Parlarne con il commissario era l’unica soluzione, aveva detto la madre, che l’aveva definita una persona con la P maiuscola, ma lui non sapeva decidersi se dire o non dire. Ma dire cosa? si chiedeva. Dei versi smozzicati? Comunque se li era scritti, convinto che il puzzle si sarebbe ricomposto, ammesso che, una volta ricomposto, potesse costituire una prova. Ma una prova di che? Isabella era caduta e aveva battuto la testa, così era morta, il referto era chiaro e convincente, anche per lui, fratello che mal accettava la tragica evenienza, ma anche futuro medico, capace di riconoscere i danni di una caduta rovinosa. Alla madre non aveva potuto non dirlo. Parlavano di lei, mentre con gli occhi appannati dalle lacrime cercavano di ricostruire episodi della loro vita comune per fissarli ben bene e riempire di lei il tempo senza di lei. Era stato Vito a provocare la rivelazione, come poi la chiamò la madre. Aveva chiesto, infatti, se Isabella non tenesse manchë nu zitë. La madre aveva risposto che non ne aveva, di zitë.
Ma chi dìscë, tua sorella era riservata, lo sai, e poi teneva la poesia, pë zita. Esci, le dicevo, e lei rispondeva, che non aveva dove andare, quannë andava a Potenza per gli esami si comprava i libri, e së facìa na camënata inta a li libbrë, teneva solë n’amica sua, Isabella Prima, la chiamava. Stava già in trattative per la tesi, ma lei se l’era già fatta, quasi tutta. Almeno così mi disse una volta. Starà là, fra le carte sue. Ci dobbiamo guardare, la facciamo pubblicare, mo’ che è morta, la facciamo pubblicare, ne’, sitë d’accordë o no? - diceva.
I fratelli approvavano, certo, certo, si doveva pubblicare, se era a buon punto. L’avrebbero cercata per leggerla e decidere. La cercarono, senza trovarla…e fu così che Arcangelo, ancora più intristito, aveva raccontato l’episodio della poesia dimenticata.
E così quei versi smozzicati avrebbero cominciato a turbare anche i sogni di Adele Pasquaretta.
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