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Analisi

Potenza, l’illusione delle cosiddette “marchette” e la realtà che non si vuole vedere

Progetti di efficientamento energetico di Shell Italia E&P in Basilicata, incontro in Regione

In questi giorni abbiamo letto che la finanziaria regionale stanzierà nuove risorse in favore del capoluogo. Qualcuno le definisce “marchette”, altri le esaltano come visioni strategiche. Ma, al netto delle etichette, colpisce un fatto: nessuno sembra preoccuparsi davvero di ciò che sta accadendo sul piano demografico e sociale. I dati Istat parlano chiaro. La Basilicata — e in particolare la provincia di Potenza — si colloca dentro un trend strutturale di spopolamento, invecchiamento, denatalità e indebolimento socio-economico. Una dinamica che affligge tutto il Mezzogiorno interno, ma che qui assume contorni ancora più evidenti: meno giovani, meno famiglie, meno lavoratori, meno imprese. E soprattutto, meno futuro. In queste condizioni, immaginare il domani del capoluogo con gli strumenti della vecchia politica — bonus episodici, micro-interventi, prebende mascherate da strategie — è esercizio sterile. Potenza, oggi, non può essere progettata come se il quadro demografico fosse irrilevante. Occorre partire da ciò che siamo diventati, non da ciò che vorremmo raccontarci. Se la città avrà una domanda interna ridotta, un mercato del lavoro più debole, una base fiscale sempre più sottile e servizi pubblici difficili da sostenere, Regione e amministrazione dovrebbero prenderne atto e costruire politiche proporzionate alla realtà. Non pannicelli caldi da manuale della peggiore Seconda Repubblica. Serve il coraggio della verità: la traiettoria è negativa e senza interventi profondi — formazione, attrazione di residenti, rigenerazione economica, università, imprese innovative, immigrazione qualificata — Potenza sarà destinata a contrarsi, non a crescere. Oggi, invece, sembra che si preferisca raccontare una città che non esiste più: una città che negli ultimi anni vive e spera su due momenti — il calcio, con il sogno dello stadio, e la festa patronale. Troppo poco.

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