IL MATTINO
Cultura
28.10.2023 - 18:43
Tra un anno si festeggerà il centenario della nascita di Truman Capote, autore brillante e controverso, talmente dentro al suo tempo da essere kitsch e glamour, a seconda dei punti di vista, dotato di una capacità di osservazione della realtà molto poco comune, come poco comune era la sua urgenza di raccontarla la realtà.
Ed è per questo che non deve stupire la pubblicazione, nel 2021, di un carteggio di Capote dal titolo “È durata poco la bellezza. Tutte le lettere” a cura di Gerard Clarke, carteggio quanto mai prezioso e utile per non arrivare ai festeggiamenti per la sua nascita impreparati. Che il libro sia piuttosto corposo non deve meravigliare, Truman Capote era minuzioso e scriveva sempre, senza dimenticare il minimo dettaglio. Il carteggio è edito da Garzanti, casa editrice che dal ’61 si è occupata dell’autore americano e delle sue opere, autore americano che dopo Francis Scott Fitzgerald ha fotografato il suo tempo, e quello de “la meglio gioventù”, non solo americana ma anche europea, meglio gioventù che frequentò e di cui visse e accompagnò le gesta come un gran ciambellano a Corte.
Senza Truman Capote le vite dei suoi amici/ compagni di merende sarebbero rimaste nell'ombra e non avrebbero mai brillato attraverso i riflettori fatui della vanità terrena.
Accettato questo è necessario comprende quanto fosse feroce il dominio che la scrittura esercitasse su Truman Capote, e come questo dominio lo costringesse a rinnegare ogni cosa.
Chi ha scritto di Truman Capote senza partire da questo, difficilmente potrà apprezzare l'importanza anche sociale della sua opera (perché un'importanza sociale la sua opera l’ha avuta) un'importanza che da Henry James ed Edith Wharton (autori ancora in bilico tra vecchio e nuovo mondo diversamente da lui) arriva fino alla sua di America, quella degli omicidi a “Sangue freddo”, e dei nuovi ricchi, che attraverso il glamour diventano classe dominante, quella classe dominante che un po' rimpiange la vecchia Inghilterra e un po' si muove tra balli danze e disco music.
In questa ottica serve leggere Capote tutto ed aspettare il suo centenario per riuscire ad allargare ancora di più lo spettro al nostro sguardo, e in questa ottica serve leggere questa corposa raccolta di lettere e anche il libro scritto da George Plimpton dal titolo "Truman Capote" , libro ripubblicato sempre da Garzanti nel 2019.
La prima edizione del libro è del ‘97, la tecnica di scrittura utilizzata da George Plimpton è una sua "invenzione". In pratica George Plimpton dà voce a chi Truman Capote ha conosciuto ma anche a chi non lo ha mai visto e conosciuto e assembla queste voci, quasi a rendere giustizia a chi Truman Capote ha ferocemente bastonato da vivo ma anche a chi lo ha conosciuto e amato da lontano.
Un gioco di spiritismo letterario, un gioco che di certo avrebbe urtato Truman Capote (che sempre voleva avere l'ultima parola su tutto) ma che lo avrebbe anche inorgoglito. Sapeva Capote che anche in caso di discredito la luce sarebbe comunque tornata su di lui, a tutto discapito dei suoi detrattori.
Non è chiaro quanto tutto questo arrivi a George Plimpton ma in fondo il suo è un doppio salto mortale, il cui scopo è di arrivare a superare Truman Capote.
Ma è possibile superare un autore che si fece Dorian Gray con il suo ritratto malvissuto bene in vista, mentre la sua immagine anche bella, come ad esempio, una tra le tante, il ritratto nel giardino del San Domenico di Taormina, si iconizzava, e si contrapponeva alle immagini a tratti deformi, che quotidianamente lo ritraevano sulle riviste di ogni dove?
Se si smette di pensare a Truman Capote come ad un pettegolo, cosa a cui molti credono, se ne ravvisa tutta la drammatica e importante produzione, dove un ruolo primario assurge la sua attività di cronista, attività che prende il sopravvento, ma che la sua inesauribile vena letteraria smorza ed illumina, in maniera unica, singolare.
In “I cani abbaiano", sempre edito da Garzanti, Truman Capote racconta della sua visita a casa di Colette, e della bellezza della sua collocazione di vetri. Li descrive in maniera così poetica da riscaldarli, e da rendere inutile leggere tutto il resto, perché in quelle poche righe c'è tutta la sua grandezza, la sua necessarietà.
Che l’uomo fosse problematico, petulante, non toglie nulla all'autore, ne potenzia il valore perché per arrivare a scrivere di infelicità in maniera esatta, talvolta glamour ci vuole fegato, più di quanto non si immagini.
Senza Truman Capote nemmeno Tiffany sarebbe diventato il supermercato delle illusioni preziose di chiunque, proprio in virtù di quella incisione fatta su un anello di latta, premio di una busta di patatine. Immagine questa che è la più bella denuncia della compulsione e della mancanza di valore del mercato dei desideri, ed è una denuncia mai fatta da un autore post- moderno e contemporaneo in questi termini.
Truman Capote è stato il più importante influencer del suo tempo, una cosa che sapeva e che lo rendeva masochista.
Tutto il mondo che gli girava intorno se ne serviva, e a seconda della capacità di discernimento lo interpretava o lo usava.
Dello stesso ballo al Plaza, le cui versioni sono infinite e che compromise irrimediabilmente la sua vita non si può dire che non fosse stato un successo. Quel ballo tenne tutto il mondo in cui viveva, e di cui si cibava appeso al suo filo, quello del suo insindacabile giudizio. Per una volta decise di mettersi a capo della lista scegliendo, oculatamente, chi invitare e chi escludere. Una lista di proscrizione la sua, a rifletterci adesso, dove gli invitati erano il peggio e il meglio del mondo in cui lui viveva, un mondo che aveva la pretesa di dettare le regole a chiunque, non a lui e alla sua penna.
E con questo spirito che serve leggerlo, ed è con questo spirito che serve attendere il suo centenario, centenario che festeggerà nell’al di là con la sua amica Marylin, che probabilmente gli canterà qualcosa, nascosta dal Borsalino fatto a posta per lei ma anche per lui.
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