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I pensieri dell'Altrove

Cin, cin: tra golfini sberluccicosi e baci alle vongole

Avevo anche acquistato un golfino nuovo tutto sberluccicoso, nero con piccoli nastri di raso e jais discreti ma di effetto. Ma... l'unico indumento che avrei voluto indossare era il pigiamone di pile con gli orsetti rosa sul colletto.

Cin, cin: tra golfini sberluccicosi e baci alle vongole

Quel torpore.. era più potente dell'aspettativa sulla inevitabile incursione di lacrime e abbracci compulsivi della mezzanotte, dei fantastici fuochi di artificio a mare, dei baci che ti lasciano sulle guance l'odore della vongola, delle speranze che vedi ostinatamente negli occhi delle persone, delle mani che si stringono così forte come se volessero trasferire il segreto tremendo e indicibile della mezzanotte

Non avrei dovuto, lo so. Perché ero preparata, sapevo come funzionava la faccenda, conoscevo la durata ed il contesto. Avevo anche acquistato un golfino nuovo tutto sberluccicoso, nero con piccoli nastri di raso e jais discreti ma di effetto. Avevo accettato l'invito perché le alternative che avevo mi sembravano tutte peggiori e tutte più mortifere rispetto a quella cena di gruppo in un ristorante sul mare dove passare l'ultima notte dell'anno. Ma, a dirla tutta, io quella sera ero stanca, avevo un tasso di entusiasmo scarsissimo e l'unico indumento che avrei voluto indossare era il pigiamone di pile con gli orsetti rosa sul colletto. Alle 22,00 circa, dopo una serie estenuante di aggiustamenti logistici e individuali dei posti a tavola, finalmente eravamo pronti per gli antipasti. L'orchestrina cominciò con la consueta musica di aggregazione trasversale, con quella recitata eccitazione professionale a metà fra l'atto dovuto e la consapevolezza che è meglio essere chiamati a suonare il trentuno di dicembre piuttosto che essere dimenticati per tutto il resto dell'anno. Ero seduta di fronte ad un notaio silenzioso che conoscevo come persona seria ma gioiosa, quella sera era muto, a tratti triste, e mi guardava come a cercare indulgenza per la sua non presenza. Al mio lato destro una cara amica a cui era avevano rubato l'auto la mattina, un po' più in là suo figlio che usava il telefonino come una protesi salva vita, alla mia sinistra mio marito che molto astutamente aveva scelto di avere al suo fianco un politico emergente, quindi molto gasato e propenso alla chiacchiera logorroica e fintamente colta.  Ancora più in là, la mamma anziana e sorda di un altro amico. Tutto il resto del gruppo assottigliato lungo quel tavolo rettangolare senza incontri.  Praticamente ero sola. In mezzo a tanta  bella gente ustionata da fondotinta dal colore " finta vacanza alle Maldive", ondate nauseanti di dopobarba intensi regalati a Natale, baci con rossetti a prova di olio di palma, ciglia finta lunghezza media trenta centimetri, sandali argentati con tacchi alti come le torri degli asinelli su piedi nudi e viola per il freddo, capelli con riflessi dorati, spalle scoperte, e poi cocktail di gamberi in salsa rosa, salmone con grani di pepe, pescespada marinato, calice di vino rosso, tovagliolo con nastrino oro, sotto piatti argento, baci stellari, ricchi premi e cotillons, il trenino, pepepeperepè, la zarzuela, la salsa e la baciata, e anno nuovo vita nuova, e vedrai che quest'anno sarà meraviglioso, e auguri ai segni d'aria e pure alla tua gatta, e di che marca sono le tue mutande rosse.  

Insomma, io lo sapevo e non avrei dovuto. Ma a me, che soffro di insonnia da quando avevo dieci anni e ci sono notti che passo in attesa di un cedimento anche modesto della veglia, quella sera, sul mare di un trentuno di dicembre, alle 22,45  arrivò un torpore irrimediabile, incoercibile, quasi come una violenta malattia che mi tolse le forze, la parola, la scelta, la resistenza. Era più forte di me, del mio golfino nuovo, delle paillettes, dei brindisi, del cantante casereccio con la giacca nera con il rever lucido, delle portate di pesce che non avrei mai conosciuto e delle lenticchie che se non le mangi puoi incorrere in una situazione di povertà e poi non dire che non lo sapevi. Quel torpore arrivato come una sedazione profonda era più potente dell'aspettativa sulla inevitabile incursione di lacrime e abbracci compulsivi della mezzanotte, dei fantastici fuochi di artificio a mare, dei baci che ti lasciano sulle guance l'odore della vongola, delle speranze che vedi ostinatamente negli occhi delle persone, delle mani che si stringono così forte come se volessero trasferire il segreto tremendo e indicibile della mezzanotte, della commozione che nasconde i sensi di colpa, dei sorrisi con il pudore che pare vogliano chiedere un perdono, dei diffusi reflussi gastroesofagei ...  Alle 22,53 mi inventai un malessere improvviso e chiesi scusa, mi guardavano strano, ma la voglia di andare via superava qualunque possibile imbarazzo o eventuale pettegolezzo da tavola imbandita a festa obbligata. Mentre salutavo già mi sentivo meglio. E una volta uscita, nonostante fosse il trentuno dicembre e a tutti in quella sera viene regalata la concessione gratuita per accedere al momento della tristezza solenne, io provai una felicità altissima e improvvisa. A mezzanotte eravamo sulla strada di casa, il mondo non era cambiato e l'indomani avrei capito che il tempo passa sempre più in fretta, che me lo sento sempre più sulle spalle e me lo segna, sempre più preciso e pieno, il mio cuore. E che, se la notte di san Sivestro comunque passa, io conto di restare. Per le persone a cui tengo, per quelle che hanno bisogno di me, per quelle che sono nella mia vita. Conto di restare fedele a me stessa, di essere presente, disponibile e accogliente per tutti.  Per tutto il tempo che ancora mi darà questo mio tempo.      

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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