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I pensieri dell'Altrove

Dammi la mano

Il verbo dell'accoglienza che non ha la necessità grammaticale di essere declinato, tutto può passare attraverso il linguaggio della pelle, silenziosamente intenso.

Dammi la mano

Dammi la mano, dammela. Non mi importa se te la senti sudata, se non è profumata, se è emozionata e trema. Se ci guarderemo con tenerezza le mani le faremo parlare, le convinceremo che sono amiche e che finalmente di qualcosa ci si può fidare. Un contatto di calore e di sentimento che per un momento allontana l'abbandono e avvicina il coraggio. Fa scordare la desolazione e ricorda l'intimità pudica, innocente eppure così potente. La tua mano come estensione del tuo dispiacere che può trovare riparo e cura fra le mie, una promessa di confidenza dolce, un momento di lentezza per sentire le falangette che si piegano, le unghie che si scaldano. Il verbo dell'accoglienza che non ha la necessità grammaticale di essere declinato, tutto può passare attraverso il linguaggio della pelle, silenziosamente intenso. Qui siamo in cerchi del mondo scivolosi, non sai se augurarti una notte con un sonno, anche breve, simile ad una anestesia profonda o un giorno che ti regali un'armatura spessa che ti spinga al combattimento ma che ti preservi da una morte lenta e consapevole. C'è il dolore nel dolore di avere paura, di non essere e sentirsi custoditi, di trovarsi in un agguato improvviso di un amore assassino, di un'idea folle mascherata di religione, di dovere sopportare la ferocia impossibile su creature indifese. C'è un tremore stabile nelle vene di questa vita, ti porta una febbre costante che non si alza e non sparisce, come un virus parassita che abusivamente ha trovato alloggio in un angolo del nostro itinerario e vigliaccamente non lo lascia più. Come una stagione di mezzo che non passa e non ti fa capire che adeguamenti devi adottare per stare riparato dal freddo disumano che ti fa schiattare il cuore o da un caldo schifoso che ti liquefa le cellule. E sbattono le porte delle case dei pensieri, non sono più al sicuro fra i vortici dei venti che girano al contrario. Non si trova più la compostezza della ragione e pare che persino il cielo si sia capovolto in una ribellione senza misericordia.
Dammi la mano. In ogni stretta o in ogni carezza resta impressa, come una traccia, quella memoria emotiva che conserverà nomi e sensazioni, gli attimi e le parole mute. È come se, per esempio, ritrovassimo dopo tanto tempo un oggetto scordato e quando ce l'hai fra le mani, appunto, ti folgorasse in un secondo tutto il suo significato perso e l'impressione sparita.
Stringiamoci le mani. Non importa se me le sento sudate, se non sono profumate, se sono emozionate e tremano. In questo pugno di tempo simile, per uno squarcio di compassione timida, non siamo lontani. In fondo, dentro queste dita fragili, fuori da questa linea sottile e in mezzo a questa provvisoria salvezza, io sto messa proprio come te.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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