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La dieta dei paradossi: chi la consiglia poi non la segue

Quanto conta l'esempio personale dei medici per rendere efficaci i consigli di prevenzione? I dati di una ricerca sui cardiologi svelano un divario da colmare. Cosa significa per la prevenzione?

La dieta dei paradossi: chi la consiglia poi non la segue

L'American College of Cardiology raccomanda fermamente una dieta a base vegetale, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e frutta secca, in grado di ridurre significativamente il rischio cardiovascolare. Nonostante ciò, solo l'8% dei cardiologi intervistati ha dichiarato di seguire personalmente questo modello alimentare.

Stili di vita e prevenzione: il paradosso dei cardiologi

Le malattie cardiovascolari restano la principale causa di morte a livello globale. È ampiamente dimostrato che una dieta equilibrata, l'attività fisica regolare, la gestione dello stress, un sonno adeguato e l'astensione da tabacco e alcol sono i pilastri fondamentali della prevenzione. Tuttavia, tradurre queste raccomandazioni in pratica clinica, e specialmente nella vita personale dei medici, si rivela un'impresa tutt'altro che semplice. Un recente studio pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology ha esaminato proprio questo divario: in che misura i cardiologi statunitensi riescano a seguire personalmente gli stessi comportamenti che raccomandano ai loro pazienti. [1]

Il paradosso della dieta: tra ciò che si predica e ciò che si pratica

Il dato più sorprendente emerso dall'indagine riguarda le abitudini alimentari. L'American College of Cardiology raccomanda fermamente una dieta a base vegetale, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e frutta secca, in grado di ridurre significativamente il rischio cardiovascolare. Nonostante ciò, solo l'8% dei cardiologi intervistati ha dichiarato di seguire personalmente questo modello alimentare. Allo stesso tempo, il 41% dei cardiologi afferma di raccomandarlo con frequenza ai propri pazienti. Questa contraddizione solleva un interrogativo cruciale: quanto influisce, sulla credibilità e sull'efficacia della comunicazione clinica, la coerenza tra i consigli dati e lo stile di vita personale? Tra le barriere più citate dagli intervistati figurano i dubbi sull'adeguatezza proteica, le difficoltà sociali e culturali e la scarsa adesione dei pazienti. Queste difficoltà riflettono, in realtà, le stesse sfide che i comuni cittadini si trovano ad affrontare.

Attività fisica: maggiore coerenza tra parole e comportamenti

Il quadro migliora notevolmente se si osserva l'ambito dell'attività fisica. Il 91% dei cardiologi ha dichiarato di includere regolarmente il counseling sull'esercizio fisico nella propria pratica clinica, in linea con le raccomandazioni dell'ACC/AHA del 2019, che suggeriscono almeno 150 minuti di attività moderata o 75 minuti di attività vigorosa a settimana. Sul piano personale, il 69% ha riferito di rispettare queste linee guida nella propria vita quotidiana. Questo è un segnale incoraggiante che dimostra come l'attività fisica sia percepita come parte integrante del benessere anche da chi si occupa professionalmente della salute del cuore altrui.

Sonno, stress e benessere: un equilibrio difficile da trovare

I risultati sono invece più contrastanti per quanto riguarda il sonno e la gestione dello stress. Il 71% dei cardiologi ha dichiarato di dormire tra le sei e le otto ore a notte, ma solo il 39% si è detto soddisfatto della qualità del proprio riposo. Anche sul fronte della gestione dello stress e del benessere sociale emergono fragilità, a indicare che l'impegno lavorativo e le pressioni emotive della professione possono rendere complicato mantenere un equilibrio salutare.

Formazione in medicina dello stile di vita: una lacuna da colmare

Un altro aspetto critico è la formazione: solo il 12% degli intervistati ha ricevuto un training formale in medicina dello stile di vita. Questo dato è in netto contrasto con le raccomandazioni delle linee guida ACC/AHA, che pongono la promozione di comportamenti salutari come fondamento della prevenzione. Senza una preparazione strutturata, il rischio è che il counseling ai pazienti rimanga affidato alla sensibilità individuale, anziché a un approccio sistematico e basato sulle evidenze scientifiche. Kim Allan Williams e i suoi colleghi concludono che il divario tra conoscenze e comportamenti personali può ridurre l'efficacia della consulenza clinica. I medici che faticano ad aderire alle raccomandazioni rischiano di proporre messaggi meno convincenti e meno praticabili. Colmare questa distanza, sottolineano gli autori, può non solo migliorare il benessere dei professionisti stessi, ma anche offrire un modello più credibile ai pazienti. È importante, tuttavia, ricordare che lo studio presenta alcuni limiti. I cardiologi che hanno risposto al sondaggio potrebbero essere più interessati alla medicina dello stile di vita rispetto alla media dei colleghi, generando un "bias di selezione". Inoltre, la tendenza a fornire risposte socialmente desiderabili potrebbe aver reso i risultati più ottimistici rispetto alla realtà.

Per un approccio più empatico e realistico

Questi risultati ci invitano a una riflessione più ampia: affidarsi a slogan semplicistici sulla prevenzione non è sufficiente. Servono empatia e pragmatismo. È necessario riconoscere che cambiare le abitudini richiede tempo, supporto sociale e strategie personalizzate. Le linee guida ACC/AHA ricordano che la prevenzione è più efficace quando tiene conto dei determinanti sociali della salute, delle condizioni di vita e delle difficoltà concrete delle persone. In altre parole, la sfida non è solo dire cosa fare, ma accompagnare pazienti e medici lungo il percorso del cambiamento. Un compito che richiede coerenza, formazione e la capacità di trasformare i principi della medicina dello stile di vita in pratiche quotidiane realmente sostenibili.

Bibliografia

1. Williams Sr, Kim Allan, et al. "Dietary and Lifestyle Habits of Cardiologists: Perception vs Practice." Journal of the American College of Cardiology 86.9 (2025): 673-675.

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F. Michele Panunzio

F. Michele Panunzio

La prevenzione nutrizionale è la più potente medicina, ma non ama la solitudine. Ancelle le sono tutte le altre discipline mediche. Si accontenta di stare in disparte, ma in cuor suo sa di essere la padrona di casa per accogliere tutti. Non è esclusiva, né ha la puzza sotto il naso. Amo la prevenzione nutrizionale, fu amore a prima vista. Scelsi di fare il medico-igienista, ma anche di laurearmi in nutrizione umana, connubio perfetto per la mia professione. La collettività e l’individuo, il gruppo ed il singolo, i sani ed i malati, la prevenzione nutrizionale è per tutti ed è per sempre. Rispondo alle vostre domande, inviatele a: redazione@ilmattinodifoggia.it

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