IL MATTINO
AntichiRitorni
01.04.2018 - 00:44
Per la collettività oggi si festeggia la Santa Pasqua, per una minoranza di ‘burloni’ il cosiddetto “pesce d’aprile” (sulla cui origine francese non mi soffermerò, ma si possono facilmente reperire notizie sul web). Si tratta di un puro caso che la Pasqua quest’anno cada il primo di aprile, eppure, sebbene siano solo coincidenze, mi viene spontanea l’associazione di Cristo Salvatore con il simbolo del pesce, esattamente come lo era per le prime comunità cristiane. Sicuramente, infatti, a molti è nota l’immagine che vedete in foto nel presente articolo; ma forse non tutti sanno che l’associazione simbolica a Cristo non dipende da caratteristiche allegoriche legate al pesce in sé, bensì dalla parola che in lingua greca vuol dire ‘pesce’, ovvero ΙΧΘΥΣ (ichtús), che apparentemente non significherebbe nulla, se non fosse che le lettere di questo vocabolo ben si adattano ad essere un acronimo (ossia una ‘sigla’ di una frase, che può essere capita solo se decifrata). Nella fattispecie l’acronimo andrebbe letto così:
I = Iesùs (Gesù)
CH = Christòs (Cristo)
T = Theou (di Dio)
U = Huiòs (figlio)
S = Sotér (Salvatore)
Le parole originali sono ovviamente in greco, ma qui sono state traslitterate con i caratteri dell’alfabeto latino per comodità di lettura da parte di tutti, e vogliono dire per l’esattezza: “Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore”. Tutta questa frase era racchiusa nella parola ‘pesce’, che dunque doveva ingannare i persecutori dei cristiani, che magari avrebbero pensato si trattasse dell’animale acquatico. Dalla parola si arrivò al disegno, più semplice e veloce, che divenne dunque immagine cristologica e simbolo di riconoscimento tra gli adepti.
Il primo aprile, tuttavia, nella Roma antica era il giorno deputato alla festa dei Veneralia, dedicata a Venere Verticordia (“che apre i cuori”) e alla Fortuna Virile. Come si può ben immaginare, essendo Venere dea della bellezza e dell’amore, la festa era sentita soprattutto dalle donne, che si recavano di buon mattino nel tempio della dea e, dopo aver lavato la sua statua, la agghindavano con gioielli e fiori. Successivamente come racconta il poeta Ovidio – nei “Fasti” – si recavano, coperte di mirto (pianta sacra a Venere), nei bagni pubblici maschili, dove si denudavano e bruciavano incenso per la Fortuna Virile; il rito aveva lo scopo di far sì che, per un principio di ‘magia’ simpatetico-analogica, quel fumo avrebbe dovuto metaforicamente obnubilare la mente degli uomini che, grazie all’intervento della dea, non avrebbero potuto vedere i difetti fisici delle donne. Sebbene questa antica festa sembri non aver nulla a che fare con la celebrazione di oggi, mi piace riportare questo bel dipinto di Rossetti (foto sotto) che raffigura Venere con in mano un cuore, che ricorda molto l’iconografia cristiana di Gesù che, invece, offre il Suo cuore. In entrambe queste feste, dunque, ciò che si offre è il proprio cuore: l’amore per l’altro. Buona Pasqua dal Mattino di Foggia!
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Il Mattino di foggia