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Dopo le feste non dimentichiamoci dei defunti: i Compitalia

Le celebrazioni di gennaio per chiedere protezione ai Lari: si mangiavano dolci al miele e si appendevano piccole figure di lana alle porte di casa

Dopo le feste non dimentichiamoci dei defunti: i Compitalia

Anche se non si conosce la data precisa, possiamo affermare che ci troviamo in quel periodo dell’anno in cui i nostri antenati Romani celebravano i Compitalia. Cosa sono queste feste e perché si chiamavano così? Il nome deriva dal latino “compita” che erano gli incroci, i crocicchi delle vie, dove nell’antica Roma erano collocate delle piccole edicolette votive ai Lari o Mani che dir si voglia, che erano gli spiriti degli antenati; ciò aveva un valore apotropaico. Già in un altro articolo, dedicato alla dea Ecate, spiegammo che i punti in cui le strade si incrociano erano considerati dal popolo latino un’area sacra dove il mondo ultraterreno e quello dei vivi si congiungevano. Durante i Compitalia - che secondo Dionigi di Alicarnasso cadevano subito dopo i Saturnalia e secondo Cicerone intorno alle “nonae” o alle “calendae” di gennaio (ovvero in un periodo tra il 3 e il 12 gennaio) – si facevano dei dolci a base di miele (un po’ come i nostri dolci di questo periodo) e ogni famiglia appendeva alla porta di casa una statuetta della dea Mania (una dea dal culto antichissimo, considerata la madre dei Lari), insieme a figure di lana che riproducevano uomini e donne della casa con richieste di protezione verso i Lari. Ad officiare i rituali in questi giorni - cosa strana a dirsi - erano gli schiavi; questo forse per una certa ritrosia da parte dei sacerdoti e degli uomini liberi nel celebrare ciò che aveva a che fare con la morte. Queste feste caddero in disuso durante le guerre civili per essere poi ripristinate da Augusto, quando si decise che ad essere celebrati in questi giorni dovessero essere i Mani, ossia gli antenati, dell’imperatore, rendendola di fatto una festa statale, la cui data non era fissa ma veniva stabilita ogni anno dai magistrati.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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