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I pensieri dell'Altrove

Quelle lucciole senza luce nella tenebrosa notte dei desideri

Quelle lucciole senza luce nella tenebrosa notte dei desideri
Le strade sono piene di buche, le strade sono piene di curve. Le strade sono piene di lucciole. Ma non parlo di quei romantici puntini luminosi che da ragazzini appoggiavamo sul palmo della mano per spiarne il segreto o la consistenza, parlo di quelle gambe sciattamente  esposte, di quelle facce stanche sotto il sole impietoso di strada, di quelle mutandine catarifrangenti che non arretrano di fronte agli sguardi che "valutano" la merce da scegliere o da abbordare. Sulle strade delle vacanze decine di visi, drammaticamente giovani, senza alcuna espressione di comunicazione reale; seggiole sganasciate su bordi polverosi, con una sigaretta fra le labbra colorate ed un telefonino all'orecchio per non dimenticarsi delle voci di una vita che c'è oltre il recinto assegnato. Oggetti di razza umana, genere femminile, o chissà che cosa. Forse ci si toglie di dosso il senso dell'umano, quando si viene sopraffatti dal tuono dell'accoppiamento sconosciuto, accaldato, di una superficialità che è più evanescente di un sogno stupido, di un saluto distratto, di un passo svogliato con le ciabatte rotte. Ho visto stracci rossi appesi, come bandiere sporche e disonorate mostrate ai predatori, pezze rosse che sembrano insanguinate ancor prima di una battaglia, stoffa che segna il territorio di pochi centimetri quadrati, simboli di scivolamenti di desideri frettolosi e un po' violenti, conquiste di corpi e pelle sudata per  mani selvatiche e senza tenerezza. Stracci come semafori ai quali fermarsi per la trattativa, il tempo di un accordo, o di un insulto, o di una rabbia che calmi toccando prima un seno e poi il danaro. Sulle strade che portano al mare delle famiglie, o al mare delle avventure estive, il traffico è lento, ma, spesso, è sopportato da un'allegria dopata dalla convinzione che in vacanza la felicità è il primo intruglio/imbroglio da mettere in valigia. Così, tutti a cantare, a metterci gli occhiali nuovi, a fermarci in autogrill e per prendere una bottiglia d'acqua aspettare tre quarti d'ora senza spazientirsi troppo, tanto ci aspetta il mare, e le cene, e le lune tonde o a falci come graffi, e il tennis che non abbiamo mai praticato, o il tiro con l'arco che fa tanto elegante la postura. Ma le lucciole tutto questo lo sanno. Perciò si accalcano su queste tratte da esodi stagionali. Forse, come le formiche, mettono da parte ora, in dispensa, quello che in inverno non ci sarà. Così, sistemano le sbrandellate sedute, e le cosce, e le labbra, e le pezze rosse, e mettono al buio tutti i pensieri e tutte le memorie. Perché sono lucciole si, ma senza luci. E senza, neanche, la debolezza scenografica dell'intermittenza.

 

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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