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‏Altro che Facebook, Twitter, Periscope: la vita dei migranti sfruttati la trovi su Radio Ghetto

Dalle campagne del Foggiano, dal ghetto che ogni anno con la raccolta del pomodoro purtroppo si rianima, nulla è stato fatto per smantellare la vergogna di un triangolo di terra occupato abusivamente per diventare l'ufficio di collocamento della manodopera illegale per i "signori della terra"

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Radio Ghetto

Le parole dei migranti, gli sfruttati dai caporali, gli assetati dei campi di pomodoro, quelle braccia nere che a piene mani riempiono i cassoni, gli anonimi, gli invisibili, soprattutto a chi dovrebbe tutelarli in nome della legge ma ben evidenti a chi li carica sui camioncini all'alba per poi scaricarli stremati al tramonto in luoghi invivibili, catapecchie di legno, ruderi martoriati, canali maleodoranti, ponteggi traballanti, viaggiano in radio.

Dalle campagne del Foggiano, dal ghetto che ogni anno con la raccolta del pomodoro purtroppo si rianima, a conferma che in tutti questi anni al di là delle parole, meglio chiacchiere, nulla è stato fatto per smantellare la vergogna di un triangolo di terra occupato abusivamente per diventare l'ufficio di collocamento della manodopera illegale a disposizione dei "signori della terra", quelli che credono di essere imprenditori, quelli che chi se ne frega se schiattano di caldo, se non hanno di che mangiare e dormono in terra ma che sanno ben gestire le casse dei risparmi accumulati sulla pelle degli schiavi, fra poche ore quelle parole viaggeranno in tutta Italia.  

Francese, arabo, inglese, wolof, mandinga, tante parole, tante lingue, tanti dialetti, tanti quanti non ne conosceremo mai, costruiranno il palinsesto. Stremati o no dal sole, dal caldo, dal lavoro, dall'acqua che non c'è o scarseggia, loro persone come noi, sotterrate al fresco dei climatizzatori, spossate a tal punto da dover far incetta di magnesio e potassio per sopravvivere a quel mostro di Caronte, vogliono dire quel che succede, raccontare quell'avventura che dall'Africa li ha portati qui e che pare non voglia finire mai, qual è la prima parola italiana che hanno imparato.

E così, quella vergogna del ghetto, dei ghetti sparsi per la Puglia, la racconteranno in tutta Italia. Ci pensano già ogni anno quei soliti giornalisti che non guardano mai le cose nel verso giusto e che quindi non capiscono che sì saranno pure sfruttati ma che in fondo stanno meglio che nel loro Paese, ci pensano sempre quelli della Cgil e questi nullafacenti delle associazioni che ci provano gusto ad accusare chi un lavoro a questi "sporchi neri" (perché il linguaggio è questo) comunque lo dà. Si dice o no "padrone"?

Intanto sulle nostre tavole questo inverno compariranno i pomidoro raccolti da Mohamed, il sudanese morto sotto il sole nei campi della Puglia, quella Puglia dell'accoglienza e della solidarietà che a volte, troppe volte, non vuole vedere. Saranno stati trasformati in salsa, in passato, in pezzettoni, in pelati? Certo è che sono rossi, il colore del sangue. 

Chissà se anche in provincia di Foggia qualcuno si farà avanti sul marchio "sfruttozero" per realizzare quella filiera pulita del pomodoro.  

Dovrà pur finire questa storia che pomodoro fa rima con caporalato, che nero fa rima con schiavitù.

Radio Ghetto è proprio una bella storia. I migranti per poter ascoltare hanno bisogno di radio, quelle che caso mai non usiamo più e batterie. Per dare una mano si può inviare una mail a radioghetto.vocilibere@gmail.com. Oggetto: raccolta radioline e batterie. 

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Daniela Eronia

Daniela Eronia

Di me hanno detto che sono stata una giornalista molto scomoda, poi un'imprenditrice troppo intraprendente. È così: quando una donna si dedica con passione alla città che ama, per renderla migliore, finisce con il creare inquietudini. Per aggiungerne qualcuna in più, torno a scrivere, nel solito mondo. A volte sarà irriverente, altre dissacrante. Sicuramente "controverso". Comunque, se vi fa piacere deciderete voi.

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