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Controverso

Ma che bella città, la Foggia del Puglia Pride

Ha perso un'occasione il Sindaco Landella. Un'occasione persa anche per l'attuale Arcivescovo (a quanto sembra in viaggio verso altri lidi) che non ha fatto proprie le parole di Francesco, il nostro Papa, "chi sono io per giudicare".

Ma che bella città, la Foggia del Puglia Pride

Un momento del Puglia Pride

E si, dobbiamo dirlo, la città, la Foggia di sabato ci è proprio piaciuta. Erano anni, forse l'ultima manifestazione del genere - con meno colori e meno persone però, - risale ad una ventina di anni fa quando, l'allora Arcivescovo Casale chiamò tutti in piazza contro la criminalità e, ai quei tempi, si che esplodevano le bombe, si che c'era la guerra -armata si, assolutamente armata - tra fazioni opposte di criminali. Da allora, dai tempi del nuovo, ma breve, protagonismo del popolo, quello stanco dei soprusi del l'arroganza criminale, tutto è passato indifferentemente sotto i ponti del "sto a casa, non vedo, non sento, non parlo". E invece no. Foggia, sabato scorso, è stata per qualche ora la città dei diritti. Ed allora bisogna dire grazie a Wladimiro Guadagno, pardon Luxuria che se non ha festeggiato il suo compleanno (50 anni il 24 giugno)  è riuscita - utilizziamo le parole giuste - a risvegliare questa città che, solo ieri - e spero di essere smentita al più presto (anche se non con un corteo colorato) - definivo la bella addormentata (confini estesi all'intera Capitanata o Daunia che sia).

Che bella città, voglio ripeterlo. Nessuno si è sentito solo, nessuno era lì per caso o per curiosità, errore, tutti - 4000, stando alle stime - erano lì per dire che siamo tutti uguali, che ogni forma di discriminazione non deve e non può essere consentita, che l'amore è uguale, se ti amo, ti amo e basta. E fa nulla se il palco di piazza Cesare Battisti, per intenderci quello dinanzi al Teatro Giordano, è stato smontato in tutta fretta, costringendo migliaia di persone (cittadini di questa città e non) a non poter guardare in volto chi parlava, leggeva quel bel manifesto che parlava solo di diritti, quelli si urgenti, negati, nascosti sotto pagine e pagine di proposte di legge. 

Che bella città, ancora, si ancora, perché c'era anche la politica, c'erano le istituzioni ma così, in ordine sparso, proprio come ci piacciono, cittadini di una comunità, anche se solo per poche ore, senza alcun sintomo evidente di spocchia. Ma, soprattutto, centinaia e centinaia di donne e uomini (e parlo del sesso alla nascita, non del genere delle aspettative sociali, dei canoni convenzionali) che hanno sfidato il sole cocente, hanno cantato, ballato, sorriso, un numero di selfie impressionante, hanno urlato il loro si ai diritti. Nessun folklore estremo ed ha perso un'occasione il Sindaco Landella quando ha elevato il suo "no" ad esaltazioni volgari. Nulla di volgare. Il mazzolino di spighe di grano che alzava al cielo Luxuria era non solo ben augurante ma il punto di contatto con la propria terra, quella terra che ti massacra, ti insulta, sputa, mena pugni per poi accorgersi (meglio tardi che mai) che ne vale davvero la pena di essere li' in quella piazza, sotto quella bandiera arcobaleno, sotto quel cappello di gioia, di spontaneità. Un'occasione persa anche per l'attuale Arcivescovo (a quanto sembra in viaggio verso altri lidi) che non ha fatto proprie le parole di Francesco, il nostro Papa, "chi sono io per giudicare". Circa 4000 figliol prodighi (mettiamola così) ma nessuno pronto ad accoglierti sul portone della Curia, circa 4000 pecorelle smarrite (ma conosciamo bene la nostra strada) senza alcune pastore ad aspettarle. 

Ma che bella città. Anche quella della contro manifestazione. C'era chi si aspettava il peggio, ma non c'è stato. Uno striscione capeggiava il corteo antagonista (chissà se questa parola e' gradita) ed era pulito ed efficace, non offensivo. Ognuno e' libero di esprimersi. Un grazie di cuore alle forze dell'ordine. Invisibili e discrete ma presenti, bravi.

Che bella città, questa Foggia. Ora le prove le abbiamo fatte, ora è da qui che dobbiamo ripartire. Diritti, anche se non universali come quelli urlati sabato, ne abbiamo da recriminare eccome. Tutti in marcia.

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Daniela Eronia

Daniela Eronia

Di me hanno detto che sono stata una giornalista molto scomoda, poi un'imprenditrice troppo intraprendente. È così: quando una donna si dedica con passione alla città che ama, per renderla migliore, finisce con il creare inquietudini. Per aggiungerne qualcuna in più, torno a scrivere, nel solito mondo. A volte sarà irriverente, altre dissacrante. Sicuramente "controverso". Comunque, se vi fa piacere deciderete voi.

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