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i pensieri dell'Altrove

E se ci facessimo bastare un po' di mancanza?

Fuori dall'amore c'è l'ordinario che si fa vita che si cammina con i piedi scalzi sulla strade rotte, le mani che si fanno compagnia da sole, le spalle un po' curve e un po' dolenti. C'è un racconto noto, senza quelle passioni che ti asciugano i respiri.

E se ci facessimo bastare un po' di mancanza?

Sperare che la mancanza si basti da sola. Che non ti spolpi viva fino al rinsecchimento, che non ti leda i pochi nervi rimasti integri, che non molesti i sensi appena risvegliati. Sperare che la nostalgia si addormenti, che non infastidisca  le risorse stanche, che si trasformi in una vecchia fotografia da guardare con tenerezza saggia ed indolore. Sperare che la rabbia si appoggi ad un momento di indulgenza e finga di spogliarsi di livore, che consegni al tempo le lame insanguinate, che tenti un contatto leggero con la dimenticanza. E per un po', ritrovarsi in una dolce anestesia che produca stordimento a rilascio prolungato, come quando si vedono le facce ma sono tutte indefinite, le voci ti arrivano ma sono senza parola, i gesti sono lenti, intorpiditi, innocui e innocentemente scomposti perché senza volontà. Avere per un tempo impreciso questa sensazione di sospensione dalla ragione lucida e presente sarebbe un balsamo protettivo nei confronti del sapere, sempre vigile e curioso, sarebbe una pausa accogliente verso il niente che poi così veramente niente non è mai. Sperare di stare bene, veramente bene, sperare di riprendersi come da una lunga malattia, da un morbo che assedia le vene da due mesi o da vent'anni non importa, pulirsi ed asciugarsi dopo una pioggia acida che ha ustionato lo stomaco e la pelle, rimettersi in equilibrio dopo un tratto percorso in bilico fra la voragine ed il fuoco, fra il canto delle sirene stronze e il sudore freddo dei sogni cattivi. Stare bene, stare in piedi, essere solidi, essere pieni. Forse solo l'amore può trattenere la gioia, fino a quando non diventa altra cosa. Fino a quando la mancanza è solo il tempo limitato all'attesa, il nervo sensibile del desiderio, le paure degli amanti sui bordi dei pensieri scomodi. Forse solo l'amore fa cercare, toccare, sentire le cose del mondo e dell'aria. Ed è tutto dentro. Fuori c'è una vita 'altra'. Fuori dall'amore c'è l'ordinario che si fa vita che si cammina con i piedi scalzi sulla strade rotte, le mani che si fanno compagnia da sole, le spalle un po' curve e un po' dolenti. C'è un racconto noto, senza quelle passioni che ti asciugano i respiri. Fuori dall'amore ci siamo noi, nudi e impreparati. In cerca di parole nuove e di probabilità, di consolazioni stabili, di attestazioni confortevoli pronunciate con la nostra stessa lingua, di partecipazioni generosamente vive, umane. E, forse, l'inevitabile incidente di nuove esondazioni.                  

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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