IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
03.05.2015 - 11:09
Andare oltre il cancelletto del giardino che aveva sistemato mio nonno, era andare contro la regola. Era uscire dall'ubbidienza ed entrare nella trasgressione, era attraversare il confine fra la disciplina e la negligenza, fra la norma e la libertà. Io da piccola lo facevo spesso, da sola o in compagnia, nei pomeriggi di maggio con i miei compagni maschietti l'atto più anarchico e fortemente indipendente era cacciare da una tasca un coltello da cucina e tagliare, pulire e mangiare i 'cardoni'. Le femmine portavano un pizzico di sale in un fazzolettino, i maschi i coltelli, ed ecco che già nel potenziale sociale pre adolescenziale si intravedevano i ruoli. L'uomo con l'arma nella tasca, noi femmine con il condimento da cucina e gli strofinacci. Il rito del cardone si faceva in gruppo, forse perché ci davamo coraggio in vista della degustazione non propriamente irresistibile, ma era bella la coesione e la condivisione intorno a spine dalle punture dolorose e insetti ingoiati con finta disinvoltura che con molta probabilità hanno, nel tempo, rafforzato i nostri sistemi immunitari. Andare oltre il cancelletto di mio nonno era andare verso l'avventura, la sfida dell'ignoto pieno e la seduzione dell'autonomia. Ogni giorno, come un soldatino, avanzavo di cinque centimetri e ogni giorno mi cresceva dentro uno spazio parallelo di cinque metri, mi misuravo con la paura e con la consapevolezza impertinente della lontananza voluta e non subita. Un giorno mi sono spinta oltre la collinetta dolce che si stagliava davanti al mio giardino, confine rigoroso e invalicabile. Erano arrivati il giorno e la distanza giusta per andare a vedere da vicino una stanza nuova del mondo animale che ogni giorno sentivo ma non vedevo: le pecore. Ma non quelle al pascolo, statiche e mute, contemplative e inaffettive, parlo invece di quelle che tornavano a casa, quelle che avevano figli da allattare e che cominciavano a chiamare e a cercare già da lontano. Fu una folgorazione, ero frastornata dalla capacità tutta ovina e tutta universalmente materna di 'riconoscersi'. Ogni agnello odorava con assoluta precisione solo la sua mamma e ogni mamma accoglieva e nutriva solo suo figlio. Il potere olfattivo che diventava biologica appartenenza. In un belare prima inquieto ed ansioso, rumoroso anche per i campanelli attaccati alle gole, e poi così appagato e rassicurato. Una struttura affettiva naturale e preziosamente viva, un abbraccio di odori che dava identità e cura, contatto e futuro. Ero felice e piena di pensieri. Quel giorno ero andata oltre, molto oltre il cancelletto di mio nonno, quel giorno avevo conquistato la collina ed il sapere, la terra e la fiducia, il segreto ed il senso dell'intimità, ma anche e soprattutto il rispetto e l'ammirazione verso tutte le pecore del mondo. E in un impeto di orgoglio e di baldanza, il cardone quel pomeriggio decisi di mangiarlo in modalità solitaria. Quel giorno, nel rientrare nel cancelletto-confine che aveva costruito mio nonno, io mi portavo strette nei pugni due prime certezze: che non c'era più il mistero dei campanelli dietro la collina e che per crescere occorre camminare da soli ed imparare. Per tutto il resto, avevo ancora tempo.
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