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Controverso

L’anno di Samantha e un po’ anche il nostro

L’anno di Samantha e un po’ anche il nostro

Si avvicina. Fra un po’ sarà il 2015. Penso a questo nuovo anno e mi vengono alla mente le donne. Un vero e proprio conflitto di interessi, direte. Bene, mi autodenuncio.
Donne qualsiasi, chissà perché gli aggettivi indefiniti poi finiscono sempre per definire il genere femminile; donne come quote rosa, e basta con queste quote, non ne possiamo più;
donne violentate, stuprate, uccise; piccole femmine che nascono, femmine perché la classificazione ufficiale è così, e tutti lì a guardare quel benedetto orologio per dire che sì quel primo vagito è proprio di una lei; donne che conciliano, nel senso con se stesse perché altrimenti proprio non si può, dato che i maschi italici ancora non capiscono, o capiscono poco, che è il caso di dare una mano; donne che lavorano; donne che studiano; donne che imprendono; donne che dirigono; donne che amministrano, che presiedono; donne che recitano, cantano, danzano, artiste, pittrici, scultrici, scienziate, parlamentari, assessori, sindaco, astronaute.
Ah, le astronaute! Già Samantha!!!! E non chiamatele Cristoforetti, per l’Italia lei è Samantha e ce lo ha ricordato anche il Presidente Napolitano, emozionandosi. Che bello.
Bene, speriamo davvero che sia femmina! Cosa? Quest’anno. Questo 2015 che bussa alla porta ma che ancora non s’affaccia.
Donne come Daniela Fregosi, che a 45 anni ha scoperto di avere un cancro, sì proprio quello lì, al seno. Come tante, si dirà. No, Daniela, è una lavoratrice autonoma. Due mesi di indennità contro i 18 previsti per le lavoratrici dipendenti. Lei è parte integrante del plotone delle partite Iva. Ma Daniela non si è arresa, ha urlato il suo diritto alla vita, ha lanciato una petizione on line, l’ho sottoscritta così di getto, ed oggi ha superato le 50.000 firme. Sì, la sua battaglia potrà diventare una proposta di legge di iniziativa popolare. E mi sono chiesta, ma un cancro non è uguale per tutti. Si, il maledetto si, il tuo diritto alle cure non perdendo il tuo lavoro, quello no.
Donne come Federica Angeli, una collega giornalista sotto scorta. Non ha avuto timore di denunciare con i suoi articoli i mafiosi di Ostia. E’ mamma di due bambini ma è soprattutto una giornalista e quel che bisogna dire, anche se bisogna indagare, insomma fare un’inchiesta, o almeno così si dice, nulla è più forte della verità. E’ una donna, è madre, denuncia, vive scortata ma a testa alta.
Donne come Marzia Sabella, quel magistrato che ha arrestato, nel 2006, Bernardo Provenzano. Anni e anni alla Procura di Palermo, anche a caccia dell’inafferrabile Matteo Messina Denaro, che oggi è consulente della Commissione nazionale Antimafia, e che consegna nel suo libro “Nostro onore” il lavoro che ogni giorno svolgono i PM. Nel suo libro Marzia Sabella dedica parole uniche ai suoi “angeli custodi” quegli uomini e quelle donne della scorta che diventano quasi fratelli e sorelle. Vivono con lei, ogni momento, la proteggono. Anche lei una donna sotto scorta.
Le donne, tutte quelle donne che con i loro selfie ed i filmati di un minuto, con l’hashtag Lifeofwomen dialogheranno con il Vaticano. Già, quei pensieri di Papa Francesco sulle donne, sul loro ruolo, non possono cadere nel nulla. La Chiesa chiede alle donne di raccontare con le immagini il proprio pensiero, la propria identità, per raccogliere spunti ed indicazioni che poi giungeranno all’attenzione dei vescovi e dei cardinali del Pontifico Consiglio della Cultura che si riunirà, in seduta plenaria ed a porte chiuse, nel mese di febbraio. Chissà se quelle porte vorranno spalancarsi ed una volta per sempre.
Donne come Silvia Vignolini, 33 anni, fisica, occupata su come manipolare il trasporto della luce, o come Stefania Milan che si occupa di big data. Loro sono solo due delle 18 ricercatrici selezionate in Italia.  Donne come tutte quelle donne che a mani alzate hanno posto le loro domande al Presidente Obama, l’uomo più potente delle terra. Un fitto dialogo durato quaranta minuti. Donne come la mamma di Ilaria Alpi che urla al mondo l’inutilità del premio giornalistico dedicato a sua figlia, in assenza della giustizia per la morte della nostra collega e dell’operatore Miran Hrovatin.
Donne come tutte quelle mamme che avranno un bimbo o una bimba nel 2015. Per loro c’è il bonus bebè. Donne che uccidono i loro figli. E il racconto potrebbe continuare.
Ma basta così. Ogni donna ha dentro di sé una propria lettura del genere femminile. Ogni donna ha una propria storia da raccontare, anche la più triste.
Bene, che questo 2015 sia femmina, sì proprio femmina. Questo è il mio augurio.
Buon 2015 a tutti.

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Daniela Eronia

Daniela Eronia

Di me hanno detto che sono stata una giornalista molto scomoda, poi un'imprenditrice troppo intraprendente. È così: quando una donna si dedica con passione alla città che ama, per renderla migliore, finisce con il creare inquietudini. Per aggiungerne qualcuna in più, torno a scrivere, nel solito mondo. A volte sarà irriverente, altre dissacrante. Sicuramente "controverso". Comunque, se vi fa piacere deciderete voi.

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