IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
07.12.2014 - 10:47
Se mi fermassi solo nella rotondità della dolcezza apparente e non ricordassi tutti gli spilli degli angoli acuti, mi farei stringere senza paura di farmi male.
Se non lo conoscessi a fondo, mi lascerei sedurre. Se non lo avessi frequentato per anni e non avessi avvistato anche la sua zona aggredita da vortici, mi lascerei tentare. Se veramente credessi nei suoi fluidi di magia, di letizia, di pace, potrei addirittura diventare più accondiscendente. Se mi fermassi solo nella rotondità della dolcezza apparente e non ricordassi tutti gli spilli degli angoli acuti, mi farei stringere senza paura di farmi male. Ma lo conosco, per esperienza e per età, conosco i suoi colori e le sue luci, gli ammiccamenti e le mistificazioni, i suoi riti controversi, le attese che ritornano ma che poi ti abbandonano, le incertezze truccate fino alle ginocchia e poi trascinate forzatamente a ballare. Dicembre arriva alla periferia estrema del calendario, ma è come se vivesse in pieno centro in un attico spocchioso, è autocelebrativo e festaiolo, lo si aspetta come una promessa certa, quella che ci renderà tutti consensualmente felici, e se le perturbazioni portano neve l'incantesimo diventa insopportabile per il cinismo, perché in questi casi è sempre più appropriata la commozione. Si sente importante perché, senza troppe resistenze da parte nostra, ci consegna con un botto finale simile ad un calcio nel sedere a nuovi destini e a nuovi giorni, togliendosi di dosso quella imbarazzante responsabilità per tutto quello che ci potrà ancora accadere ma di cui non se ne importerà più nulla. Dicembre chiude i calendari e i detti popolari di Frate Indovino, ammicca nelle vetrine con tutto un campionario più furbastro che glamour, impone sedute (leggi distese) gastronomiche familiari in cui mettiamo sotto pressione oltre il cinquanta per cento dei nostri organi interni, organizza per noi abbracci compulsivi multipli e promiscui. Si modificano i comportamenti nelle strade: sempre di corsa, sempre di fretta per il 'regalo', con un'ansia che sarebbe più appropriata se dovessimo fare un intervento chirurgico, mentre invece stiamo solo per comprare una modesta salvietta da bidet, chiamata anche 'ospite', con i decori naïf di corna di renne verosimilmente scandinave. Tutti fratelli, sorelle, gemelli, con una espressione da semi paresi proiettata verso la rituale donazione e raccolta di sorrisi. Dicembre è un mese pieno ma veloce, si può avere il privilegio di vederselo sfilare facile se ci si fa contagiare adeguatamente dall'esuberanza del 'bambino che c'è in te' (come dicono gli esperti del settore), si può fare un'operazione di recupero del capitale emotivo perso o messo sotto controllo, si può provare a togliere l'ingessatura integrale e sporcarsi almeno le mani con le palline dorate, la cera ustionante delle candele a torciglione o, io lo preferisco, con le pettole ubriache di vincotto. Dicembre per alcuni è un esame complicato da passare, per altri una intensa fragranza invernale che se te la metti addosso diventi il competitor più temuto dell'invincibile babbo natale. È un mese pieno di segni da interpretare, di musiche da ascoltare, di stelle che diventano comete fascinose dense di misteri lontani, di ricordi pieni di trappole, di saturazioni di auguri, di poesie che non recitiamo perché sono i nostri regali segreti, di tanti buchi pieni di tante storie ormai vuote. Di diritti sentimentali che a fine anno sembrano dimenticati o scaduti. In questi giorni si può provare a sembrare felici o ci si accontenta di essere felicemente disperati. Ma c'è una ricompensa per chi è più affine alla tristezza cronica e più incline alla riduzione dello sfarzo emotivo, psicologico e gastrico: dopo l'ultimo famoso botto ci ridimensioneremo nei giorni di un ruvido e nudo Gennaio. Opaco, livido, sa di essere mese di rimorchio e un po' si vendica. Tutti ritorniamo grandi, anche quelli del famoso 'bambino che c'è in te', tutti ritorniamo 'a casa'… Ma ora accendiamo le luci, la vera consapevolezza è che Dicembre, come le ore, i mesi, il tempo, passerà. Perché tutto intorno è da sempre, come i vivi, coerentemente transitorio.
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