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I pensieri dell'Altrove

E se anche a Pasqua ci mettessimo un po' di Natale?

Al di là di una iconografia rassicurante del Cristo risorto e radioso, personalmente non ho mai scisso da questa l'immagine di una Madonna straziata e lacerata per la morte del figlio

E se anche a Pasqua ci mettessimo un po' di Natale?

Fra un ramo d'albero in fiore e la terra che comincia a colorarsi di verde, fra le giornate che si distendono alla luce ed una tavola che ha già i sapori diuna crostata di ricotta, ecco puntuali gli auguri di Pasqua. Da bambina non ero particolarmente attratta da questa ricorrenza, i riti religiosi che l'accompagnano mi incupivano. Ricordo una processione con un tasso di 'pathos' degli attori e dei partecipanti che mi angosciò per giorni. Le tuniche lunghe, le frustate, l'atmosfera pesante, la percezione del dolore e della sofferenza, mi facevano sentire odore di sangue, di violenza, di malvagità. Poi, una volta, mi ritrovai non volendolo per niente, a guardare in tv una processione nella quale degli incappucciati si frustavano senza pietà, nel tentativo, credo, di espiare tutti i peccati e tutti in una volta con la maggiore sofferenza possibile. Non era una fiction, non erano attori; il sangue e, scusatemi, una leggera perversione io la odoravo tutta. Non ho mai scordato quelle immagini, mi disturbarono e mi inquietarono. Certo, la Pasqua è momento assai diverso dal Natale. È un passaggio alto per la chiesa, è la devozione che si fa consapevolezza e accettazione. Cristianamente è concentrata sui difficili misteri della morte e della resurrezione, quindi concetti adulti, che prevedono preparazione e fede, preghiera e serenità di pensieri. Al di là di una iconografia rassicurante del Cristo risorto e radioso, personalmente non ho mai scisso da questa l'immagine di una Madonna straziata e lacerata per la morte del figlio, nè la potenzialità disumana della violenza fisica subita da Gesù. La Pasqua è una ricorrenza religiosa che prevede una struttura preparatoria lunga, fatta di letture, di riti e di meditazioni solenni. Di un avvicinamento ad una liturgia che diventa gioiosa solo alla fine, ma prima di arrivarci c'è un cammino di passione che fa male. Perché in quel cammino di lacrime ognuno di noi non fa alcuna fatica a trasportarci il suo. Eppoi c'è il digiuno, e le penitenze, e i fioretti, le astinenze. Tutto un percorso di fede e di impegno.
A Natale prevale la tenerezza, la sensazione ovattata di un calore universale che unisce le mani; a Natale, ho sempre pensato, sorridiamo e ci abbracciamo di più. Natale, festa dei bambini, e degli adulti, con i doni infiocchettati e la neve che ammorbidisce i suoni, le luminarie e i giorni corti che si allungano con gli affetti. Pasqua, il rinnovo delle promesse di fede dei credenti autentici e consapevoli. Maturi e convinti, dotati di serenità e attitudine alla preghiera e alla intima certezza  che sia taumaturgica e consolatoria. Ma, in ogni caso, è mia convinzione che in ognuno di noi, credenti praticanti solidi o titubanti, atei o con convinzioni tiepide, ci sia il bisogno antico e sano di ritrovarsi, di parlarsi, di 'toccarsi'. Così, non lasciamoci sfuggire,
cristianamente o solo  umanamente, la voglia  e la opportunità di abbracciarci ancora. Sia per un augurio, sia per un saluto, sia per una riconciliazione, o solo, magnificamente, per sentirci meno soli. Domenica, festa di Pasqua, ma, mi piacerebbe, festa degli abbracci e della solidarietà fra gli uomini. E in un abbraccio, o in cento, proviamo a sentire se il cuore ci suggerisce l'idea di perdonare, e di perdonarci. Un gesto, una parola, un momento, un ricordo. Perdonare per essere più numerosi, più forti, forse più intensi, e godere di questo potere. Perché ogni giorno non è uguale ad un altro, e ogni giorno lascia  definitivamente indietro un 'nostro' giorno. Auguri, ed un abbraccio.

 

 

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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