IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
01.06.2014 - 09:29
Siamo portati automaticamente a pensare che i nostri modi di amare, di pensare, di reagire, siano gli stessi che debbano applicare anche tutti gli altri. In buona fede e con semplicistica linearità di pensiero non ci fermiamo a riflettere che ognuno di noi è la risultante di educazione, comportamenti assimilati, esempi introiettati, esperienze soggettive che poi conducono a scelte e a risposte assolutamente individuali. Quante volte, con una discreta arroganza, ci capita di dire “hai sbagliato, io non mi sarei mai comportato così, oppure: ma che hai detto? Io gli avrei risposto diversamente": esempi di una unilateralità di pensiero, certamente non punibile, ma che dimostra quanto poco ci sforziamo di capire quanti altri comportamenti ci sono per affrontare le cose e le situazioni. Se riuscissimo ad avvicinarci all'idea che anche all'interno delle più profonde convinzioni potremmo trovare delle crepe insospettabili, degli smottamenti fisiologi, probabilmente ci apriremmo inediti squarci percettivi preziosi. Probabilmente ci scopriremmo capaci di trovare piccole energie mai messe a fuoco, delle sensibilità tenute compresse, delle voci di cui ignoravamo i toni e le consistenze. Come nel film "sliding doors", incontreremmo indizi per percorsi alternativi, magari sorprendendoci per una audacia che finora sapevamo vestita di timidezza o per una dolcezza imbrigliata nella più utile rete della durezza. Penso che molte informazioni di cui siamo tutti ampiamente dotati non vengano sufficientemente adottate ed usate, per pigrizia mentale, per supponenza, per consuetudine, perché ci abituiamo a pensare che 'farla semplice' è l'operazione più veloce e produttiva che ci sia, e verosimilmente lo è, in questo mondo veloce e fagocitante, ma per questa ragione, secondo me, non valutiamo il torto che sicuramente arrechiamo alle nostre complesse attività intellettuali. Io ho la propensione alle valutazioni complicate e articolate, sono attratta dai temi difficili, e pur non amando la matematica mi piacciono i problemi con soluzioni difficili, multiple e aperte. Più che le tracce sono incline ad andarmi a ficcare nelle sotto- tracce, dove ogni interpretazione non è più solo un esercizio di didattica formale, ma una esplorazione libera di percorsi poco battuti, di insolenti sberle di verità che tramortiscono, di sentimenti acidi e respingenti o di passioni schermate e non esplicitate, di paure immense che diventano malattie, di arresti del cuore che fanno morire pur continuando a sembrare di essere vivi. Provo ad immaginare la curiosità dell'entomologo nell'osservare il minuscolo ed allargarlo, provo ad individuare l'implicito, il non detto, il trascurato. Provo ad essere distante dai fatti, ma energicamente dentro all'emozione. Provo, e mi accorgo di quante risposte è piena una domanda, di quante visioni si possono recuperare da un racconto, di quanto nel profondo si può scavare se solo imparassimo a scivolare in altre possibilità ed alternative. Certamente le decisioni finali resteranno individuali, ma ci ritorna come un premio la prospettiva di focalizzare meglio le risposte degli altri, le reazioni, le scelte, convertendo la comprensione in una nuova e più allargata consapevolezza di quanti itinerari siamo provvisti e di quanti pochi ne percorriamo.
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