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Pensieri dell'altrove

Quelle ore del giorno in cui i pensieri sono panni stesi

Quelle ore del giorno in cui i pensieri sono panni stesi

C'e un'ora del giorno, quella del tramonto, che ti fa ritirare in casa i pensieri. Come le lenzuola stese fuori, che ritiri perché si fa sera. In quest'ora colorata di aria confidenziale, il cielo sembra un tuo alleato, gli orizzonti sono in partenza verso il riposo, l'aria è visibilmente più rarefatta. A volte, in quell'ora del giorno, con dei tramonti che hanno la superbia della bellezza irraggiungibile, mi viene voglia di parlare con Dio. Mi viene voglia di avvicinarmi ad un altrove e vorrei farlo incontrare col mio. In fondo sono fratelli, si rassomigliano, sono entrambi  ugualmente divisi fra il dentro e il fuori, una nascita ed una morte, un tutto in movimento ed un niente convinto. Sono figli di un disegno intenso e di un intervento potente non sempre comprensibile. Vorrei fare domande, avere informazioni, accorciare distanze. Consegnarmi ad ogni tipo di risposta, purché ci sia un contatto. Sono figlia di questa terra, di questo tempo, di questa ansia. Sono anch'io un piccolo altrove pieno di ragnatele, come disagi sparsi, come fratture non ricomposte, come frane non individuate. Il lavoro di portarsi dietro il proprio altrove è come il lavoro delle nuvole che trascinano piogge pesanti, come una tartaruga che si porta appresso la casa e tutta la sua esistenza. C'è una quota di regali, nei nostri altrove, che non apriamo perché ci piace l'attesa, ma poi scadono o ce ne dimentichiamo. Nel nostro altrove trova piu spazio l'inquietudine che la felicità. Noi uomini siamo piu attratti dalle malattie, pur essendo in costante e affannosa corsa verso la felicità. In queste ore del giorno, che si consegna al tempo, il desiderio di avvicinarsi all'universo è una promessa  per un giorno nuovo, un volo d'aria verso l'altro, esclusivo ed ignoto altrove. Che non vediamo, ma forse potremmo intuirlo dietro questi tramonti, dietro la neve bianca che verrà', dentro un abbraccio di mia nipote, davanti allo sguardo dolce e stanco di mia madre. O in una consolazione, e nella pietas degli uomini buoni. Ma anche in una preghiera che conosce e unisce tutte le religioni, in attimi di accoglieza per la nostra anima, in un sorriso che ricordo nitido, ma che  da anni non vedo più. E allora che chiedere, che domande fare. Le risposte sono tutte qui, se riusciamo ad annusarne l'odore e ad eludere il tempo. Forse.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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