IL MATTINO
La nostra intervista a pochi giorni dall'uscita del libro
23.09.2016 - 19:31
“E invece io”, così il titolo del nuovo libro di Davide Grittani (Robin edizioni), che riecheggia l'omonima canzone di Riccardo Sinigallia. Protagonista di questo romanzo, che spazia dalla Pianura Padana a Foggia, alla Pampa argentina, è un giornalista: Alberto Arioli. Attraverso gli occhi di Alberto, che viene dal Nord Italia, Davide Grittani offre al lettore una 'veduta' su Foggia e sulla società meridionale di cui questa semplice cittadina diviene emblema; Foggia con la sua generosità gratuita, Foggia come luogo dove l'attesa diventa uno stile di vita, tanto da equivalere a muoversi. Dalla terrazza del suo appartamento, nel centro cittadino, il cosiddetto Palazzo delle Statue che si affaccia su Piazza Italia, Alberto Arioli riflette sulla sua vita, sulla politica italiana, sul giornalismo, che una volta era una 'missione' mentre oggi è ridotto a 'visibilità', a distorsione delle notizie. Proprio da questa terrazza, pertanto, abbiamo deciso di intervistare il nostro autore.
In che modo una città del Sud diviene punto privilegiato per osservare la società italiana?
«L'idea principale è quella di ambire a raccontare questo territorio nella sua normalità (senza parlare dell'immigrazione, del tasso di disoccupazione, etc.) all'interno del vissuto di chi da un borgo vicino Pavia si trova catapultato qua e si rende conto che noi questa città la viviamo male ma la trattiamo anche peggio. Emerge al contempo la generosità di questa città, ma i suoi cittadini sono quasi abituati a questo amore. Non si tratta di un libro spot di Foggia, perciò è una storia credibile ed è per questo che è un racconto che doveva essere narrato dalla prospettiva di una persona estranea alla città come Alberto Arioli».
La tua idea di giornalismo coincide con quella di Alberto?
«Credo che mi sono innamorato di qualcosa che non esiste più, nel senso che la qualità di questo mestiere la dettano i social media: il giornalismo è 'sceso' nel territorio di dialogo dei social e ha perso su tutti i fronti ovviamente; la notizia non offre più la riflessione né la garanzia della veridicità, conta solo arrivare per primi. Sono profondamente amareggiato per come è stato derubricato a una serie di banalità quello che era uno dei mestieri più nobili del mondo, praticato da Pirandello, da Hugo. Noto, invece, sempre più la velocità e la castroneria che non hanno nulla a che fare col Giornalismo; ha vinto l'esserci a tutti i costi, non importa come».
Perché il Sud, che sia il Sud Italia o il Sud del mondo come l'Argentina, è più letterario?
«Perché è più autentico ed è pertanto più doloroso; è drammaticamente condannato ad essere più 'vero'. Io ce l'ho con quei film degli ultimi tempi che ridicolizzano e appiattiscono il Sud a tutti i costi, invece il Sud è infinitamente più letterario e migliore di come viene scimmiottato spesso in queste pellicole. Il Sud è infinitamente più 'crudele' e più drammatico, e questo forse non ancora è stato raccontato dalla narrativa contemporanea».
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