IL MATTINO
Il direttore generale non ne poteva più ormai
01.12.2014 - 21:51
Masi e Pelusi in una foto d'archivio
È evidente che a finire con le spalle al muro è il presidente della società calcistica, l'avvocato Fabio Verile. «In un momento di precarietà solo uno scellerato può stabilire che esiste una politica di una maggioranza e io non posso essere direttore generale di una maggioranza o minoranza», rincara Masi che, in ogni caso, indica in Di Bari il suo successore miglio, affidabile. E mette in guardia: «Non può esserci un direttore generale di parte in una società senza pianificazione finanziaria. La conflittualità perenne è quando il socio è anche membro attivo del management». Parole di gratitudine per Pelusi e De Zerbi.
É un fiume in piena Sario Masi, il direttore generale del Foggia che si presenta in conferenza stampa con i suoi appunti che lo aiutano per circa un'ora e trenta.
"Il primo appello che faccio, lo indirizzo a tutti, ai soci, ai tifosi e ai giornalisti: abbassiamo tutti i toni e cerchiamo di fare il bene del Foggia. Per quel che mi riguarda io sono andato avanti da quel luglio del 2012 quando io ed altri quattro amici, legati solo dalla passione rossonera, ci organizzammo per rifondare una squadra che, vicende ormai note, avevano cancellato dalla geografia calcistica italiana.
Devo ringraziare Davide Pelusi che con quel gesto di grande e nota generositá, tolse il denaro dalla disponibilitá della sua famiglia per l'amore che provava verso la sua cittá. Ovviamente si avvicinarono altri soci per favorire economicamente l'iscrizione alla Lega Nazionale Dilettanti e subito dopo partimmo, ma senza un euro. Volli Di Bari come direttore sportivo e lo ringrazio perché accettó quella sfida, senza pensare al proprio tornaconto. Organizzammo la societá e la squadra chiedendo il sacrificio di tutti e molti sono ancora lí perché hanno dato e continuano a dare tanto solo per passione.
Io stesso, smentendo tante voci che ho sentito in giro, non ho mai percepito alcunché per il mio incarico, anzi qualche volta ci ho rimesso come quando, a Cosenza, mi son pagato l'albergo accompagnando la squadra in trasferta
Di quel primo periodo e per tutta la serie D, mi ricordo, che si andava d'accordo e le decisioni venivano prese in comune accordo indipendentemente dal proprio esborso economico. C'era entusiasmo e voglia di far bene da parte di tutti, non come oggi con la logica di maggioranze e minoranze.
Ma le cose pian piano sono cambiate: ricordo a voi tutti la vicenda Zingarelli che io avevo voluto fortemente nell'ufficio stampa del Foggia calcio e che veniva visto in societá con un marchio Masi stampato; non dimentichiamo le vessazioni che ha subíto Arianna Amodeo solo per il cognome che faceva riferimento ovviamente ad un papá dirigente; tutta gente che ha lavorato con spirito di sacrificio e talvolta rimettendoci come Zingarelli che va in Lega a Firenze pagando di tasca propria.
Non dimentico di esser stato io colui che ha incontrato Pugliese quando voleva rilevare il Foggia: lo incontrai al casello di Candela e pregai di desistere perché volevo salvaguardare i miei uomini, quelli che lavoravano nel Foggia, perché lui aveva giá i suoi uomini da portare con sé.
Io come Direttore Generale ho cercato di coinvogliare risorse nel Foggia Calcio e ho raccolto la volontá di ingresso di Verile nel sodalizio anche se lui aveva posto un paletto che era quello della carica di presidente, assicurando altri ingressi successivi in societá.
Se dovessi scegliere il mio successore non avrei dubbi, mi affiderei a Beppe Di Bari; é un ragazzo in gamba, ha dimostrato il suo valore, é soprattutto onesto ed ha operato in questa societá svolgendo mansioni che andavano anche oltre i normali compiti di un direttore sportivo. Non sono d'accordo che il direttore generale lo faccia chi é giá socio del club perché in conflitto con le regole piú elementari di economia aziendale.
Comunque la mia volontá di andar via si è manifestata a partire dalla trasferta di Benevento quando, alla fine del primo tempo, con il Foggia in svantaggio, i soci arrivarono a discutere animatamente, contestando l'allenatore, la squadra e chi l'aveva assemblata.
Io e Di Bari abbiamo scelto De Zerbi, anche se oggi sono tutti ad applaudirlo e a salire sul carro dei vincitori.
Questa é una societá senza regole che va lentamente nei confronti di una squadra che va a mille; io non ho sbagliato i tempi per le mie dimissioni perché sapevo che Di Bari e De Zerbi avrebbero allontanato tutta la squadra da queste vicende e i risultati lo stanno dimostrando.
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