IL MATTINO
L'editoriale
11.06.2023 - 13:36
Il Comune di Foggia
Se a Foggia si votasse in primavera, Giorgia Meloni, invece di scendere disperatamente in campo per salvare la bandiera del centrodestra, potrebbe persino pensare di barattare con gli avversari il capoluogo di provincia con quello molto più importante e strategico della Puglia, cioè Bari
E se, invece che in autunno, a Foggia si votasse nella primavera del 2024? Ipotesi provocatoria, più che preveggente, ma non priva di fondamento. Da considerarsi come un incidente geografico tra Termoli e Barletta, Foggia è una città più o meno insignificante nella geografia politica italiana, perlopiù guardata con sospetto per la nomea affibbiatale di capitale mafiosa; ma, se andasse alle urne questo autunno, come lascerebbe presupporre la scadenza naturale del suo commissariamento già prorogato dal ministro leghista Piantedosi, avrebbe addosso tutti i riflettori nazionali, rappresentando l’unica tappa elettorale italiana significativa, dopo la celebrazione a giugno di quest’anno delle elezioni regionali in Molise, prima della corsa delle elezioni europee del 9 giugno 2024. La sconfitta di uno degli schieramenti in campo, centrodestra o centrosinistra, assumerebbe una eco rilevante pregiudizievole per i contendenti: la sconfitta a Foggia sarebbe un neo troppo evidente per la coalizione soccombente, senza considerevoli vantaggi di bandiera per nessuno.
Se, invece, la città finisse nel calderone elettorale della prossima primavera, il risultato delle urne sarebbe annacquabile con l’esito delle votazioni ben più importanti e strategiche a Bari, a Lecce, tanto per restare in Puglia, o per l’elezione diretta dei presidenti e dei consiglieri delle Province a cui sta lavorando speditamente la riforma, col beneplacito di tutte le forze politiche. Chi vince e chi perde potrebbe far valere l’equazione maggioritaria elettorale, come accaduto per la recente tornata amministrativa, in cui Foggia sarebbe un numero che non fa differenza. Soprattutto per il centrodestra al governo che, con il voto di questo autunno, sarebbe impegnato a malavoglia in una partita a ostacoli sul campo accidentato delle legalità che, con la tara dello scioglimento per infiltrazioni mafiose della giunta di centrodestra guidata da un sindaco maldestramente transitato da Forza Italia alla Lega, al fischio d’inizio vedrebbe favorito il centrosinistra.
Così, se a Foggia si votasse in primavera, Giorgia Meloni, invece di scendere disperatamente in campo per salvare la bandiera del centrodestra, potrebbe persino pensare di barattare con gli avversari il capoluogo di provincia con quello molto più importante e strategico della Puglia, cioè Bari, dove il centrosinistra fatica a costruire la squadra dovendo perdere il suo capitano di pregio, cioè Antonio Decaro, non più ricandidabile perché già al suo secondo mandato, dove la presidente del Consiglio ha il presidio di tutti i suoi generali pugliesi, magari in un sottaciuto accordo con Michele Emiliano, che ambisce all’Europarlamento, a cui sospettosamente Meloni e il cognato Lollobrigida hanno fatto attenzione a non calpestare i piedi nella recente passerella da Bruno Vespa in Puglia. Per il centrodestra al Governo la perdita di Foggia sarebbe, a tal punto, del tutto trascurabile confrontata con la conquista di Bari, da cui Giorgia Meloni muoverà per il G7 già fissato - non a caso, evidentemente - in Puglia, e forse anche di Lecce, dove il ministro Raffaele Fitto gioca in casa. La palude politica, economica ed istituzionale in cui Foggia viene trascinata sarebbe una concessione persino gradita alle ambizioni di un centrosinistra in cerca di riscatto, per quanto irrisorio perché la città resta ciò che è: un incidente geografico tra Termoli e Barletta.
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