IL MATTINO
03.09.2024 - 13:22
Carlo Alberto dalla Chiesa
"Qui è morta la speranza dei palermitani onesti". Questo recitava un cartello lasciato sul luogo dell'eccidio dai cittadini di una Palermo dilaniata e insanguinata dalla guerra di mafia. Alle 21:15 del 3 settembre 1982, a meno di un mese dal suo 62mo compleanno, la A112 sulla quale viaggiava e guidata dalla moglie, fu affiancata in via Isidoro Carini a Palermo da una Bmw Serie 5 guidata da Calogero Ganci con a fianco Antonino Madonia dalla quale furono esplose 30 raffiche di Kalashnikov AK-47. Per la coppia non ci fu scampo. L'auto con a bordo l'autista e agente di scorta, Domenico Russo, che seguiva la vettura del Prefetto, venne a sua volta crivellata da una motocicletta Honda Cb, guidata da Giuseppe Lucchese con alle sue spalle Giuseppe Greco. Russo morì dopo dodici giorni di agonia all'ospedale di Palermo. Per i tre omicidi furono condannati all'ergastolo come mandanti i vertici di Cosa nostra: i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. ”Il coinvolgimento della scuola, degli altri ambiti educativi, dei mezzi di comunicazione, è essenziale affinchè sempre più si affermi una cultura diffusa della legalità, che rigetti ogni forma di compromesso con la mentalità mafiosa, rafforzando democrazia, sviluppo, coesione sociale. Con questi sentimenti, rivolgo un commosso pensiero alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo, esprimendo i sentimenti di solidarietà e di vicinanza”, ha affermato il Presidente della Repubblica ricordando che quarantadue anni fa l’aggressione mafiosa interrompeva tragicamente il percorso umano e professionale di Carlo Alberto Dalla Chiesa. “Con lui - riprende - perdevano la vita la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, deceduto alcuni giorni dopo per le ferite mortali riportate. Quel barbaro agguato contro un esemplare servitore della Repubblica rappresentò una delle pagine più funeste dell’attacco della criminalità organizzata alla convivenza civile. Il vile attentato non riuscì, tuttavia, ad attenuare l’impegno per quei valori di legalità e giustizia propri alla nostra democrazia, per la cui affermazione, nei diversi ruoli ricoperti, nell’Arma dei Carabinieri e da ultimo come Prefetto di Palermo, il Generale Dalla Chiesa aveva. La sua figura, il suo lascito ideale - sottolinea ancora il Capo dello Stato - vivono oggi nell'operato di chi si impegna in prima persona contro la mafia e il terrorismo”.
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