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Epistolari, Luigi Pirandello e Marta Abba: storia di un delirio amoroso

Epistolari, Luigi Pirandello e Marta Abba: storia di un delirio amoroso

Quello tra Luigi Pirandello e Marta Abba è uno degli epistolari più grandi della Letteratura italiana, un epistolario per voce sola, quella di Luigi Pirandello, scrivente appassionato e aggrovigliato su stesso, e su i sentimenti che provava per Marta Abba, sentimenti che non trovavano corrispondenza in Marta Abba, che a ogni sua lettera rispondeva picche, nel senso che più che rispondergli per le rime gli prospettava la realtà, quella fatta di beghe, di teatro, di agenti, insomma di quotidiano, un quotidiano che non ammetteva deroghe, meno che mai sentimentali.
Un delirio amoroso il loro, che come tutti i deliri era un monologo, monocorde e ripetitivo, dove i protagonisti più che agire si muovevono a piccoli passi e girando in tondo, quasi come se recitassero in teatro.
La ragione per cui Pirandello si "appassionò" a questo delirio, che riconosceva come suo, tanto da farne una roulette russa, grazie alle lettere che scrisse alla Abba forsennatamente, 560 lettere fino alla morte, morte che giunse nel ‘36, mentre la Abba gli rispose 238 volte solo per tenerlo a freno, in buona sostanza. Le lettere furono poi donate dalla Abba all'Università di Princeton.
Il carteggio venne pubblicato, integralmente, in Italia solo nel ’94, da Mursia col titolo “Caro Maestro, lettere a Luigi Pirandello 1926 – 1936”, mentre “Le lettere di Luigi Pirandello a Marta Abba”, carteggio che contiene solo le lettere scritte da Pirandello alla Abba, fu pubblicato da Mondadori nei Meridiani nel ‘95.
La pubblicazione dell'epistolario fu a lungo rimandata dalla Abba, forse per pudore? Chissà, è un'ipotesi come un'altra, anche se il suo comportamento fu totalmente in linea con il personaggio e con l'andamento del rapporto che ebbe con Pirandello. Un rapporto il loro nato e vissuto in teatro, su quel palcoscenico che fece della Abba "l'attrice pirandelliana” per eccellenza, regalando a Pirandello l'illusione di un amore esclusivo e irraggiungibile, una follia la sua, simmetrica a quella che possedeva la moglie, e sua tragica conseguenza.
Un triangolo doloroso dove il delirio amoroso è il convitato di pietra, perché la piega presa dalla storia tra Pirandello e la Abba fu una piega dovuta all'andamento che lo stesso Pirandello gli diede, e che fu una conseguenza stessa del suo vissuto, un vissuto amoroso disturbato e frustrante che tanta parte ebbe nella sua produzione letteraria, anche se mai, e per davvero, Pirandello scrisse d'amore nelle sue opere, ma sempre e solo di disperazioni esistenziali e di disallineamenti con la realtà.
Pirandello aveva una compagnia teatrale il “Teatro dell’Arte” di cui la Abba divenne, e fu, prima attrice dal ‘25 al ’28.
Di quel periodo, in giro anche per turné in Europa, non c’è traccia nel carteggio. Un delirio amoroso vissuto nella quotidianità perde molto in termini di suggestione emotiva, si diluisce, rallenta, si nutre di presenza, tanto più che il palco che la Abba calcava, e su cui si esibiva, prima di tutto per lui, Pirandello, non necessitava di spiegazioni altre, di ulteriori certezze da narrare.
E poi c'era anche il particolare che Pirandello vedeva, comunque, nella Abba la figlia, la sua metà incarnata, l'interprete dei suoi personaggi, e questo lo esasperava ed esacerbava ulteriormente, creandogli un ulteriore conflitto interiore.
«Ora, la verità vera è questa: che il Tuo vero padre sono io, sono io, e Tu sei la creatura mia, la creatura mia, la creatura mia di cui tutto il mio spirito vive con la potenza stessa della mia creazione, tanto che è diventato cosa tua e tutta la mia vita sei tu».
Vi fu un momento preciso in cui la situazione, tutt’altro che semplice, tra i due precipitò, e fu quando tornarono, nel ‘28, dalla Germania dove, avrebbero voluto imporsi come la coppia d’oro del teatro italiano, ma dove non ottennero il successo sperato, soprattutto non lo ottenne la Abba, che con questo viaggio credeva di potersi affrancare una volta e per sempre dal suo pigmalione.
Da quel momento il delirio amoroso di Pirandello esplose in maniera incontrollata, mentre lei voleva che fossero distrutte tutte le lettere che lui le aveva scritto fino ad allora, voleva che vivessero lontani, ma più di ogni cosa voleva che non le scrivesse più d'amore.
«La prego di essere conciso e breve. Mi scriva soltanto se vi sono cose della massima importanza», mentre lui gli rispondeva: «L’unica cosa della massima importanza è per me proprio questa che tu non vuoi sapere; e tutto il resto è nulla».
Il registro della vita di Pirandello cambiò però, tanto da diventare vuota la sua esistenza perché priva della Abba, mentre la sua carriera teatrale prendeva sempre più forma tanto da fargli scrivere, sempre alla Abba, “ il teatro sono io, sono ancora io, in tutto il mondo”.
Un delirio che si sommava all'altro e che rendeva la Abba ancora più vicina a lui, benché lontanissima.
Nel contempo in lui si andava sviluppando un desiderio di fuga, un bisogno di essere altrove, visto che gli era impossibile essere con lei.
Di fatto passò sempre più tempo fuori dall'Italia, impegnato con le rappresentazioni teatrali delle sue opere, rappresentazioni che si tenevano in Europa, mentre l’effige della Abba, silenziosa e “con la bocca sigillata”, lo seguiva in ogni dove.
In questo clima, emotivo, nacquero “I giganti della montagna”, e con essi finalmente "Pirandello", perché grazie a questo tormento uscì da sé stesso, dando forma a «tutte le fantasie, i sogni, i giochi, le favole, le voci, i fantasmi, le allucinazioni, le illusioni, le frenesie dell'immaginazione » .
Pirandello era diventato il più importante scrittore italiano, eppure non aveva più voglia di vivere, e allora fece l'ultimo atto di sacrificio: impose alla Abba di imparare l’inglese e di trasferirsi in America, per ottenere quel successo che lei desiderava al posto del suo amore, e così fu. La Abba era finalmente felice, mentre lui morì. Le rimase un matrimonio con un petroliere americano, sposato dopo la morte dello drammaturgo, e per il resto della vita il carteggio con Pirandello, carteggio che come una filigrana restituisce l'immagine del Pirandello autore, e che fa di lei la sua musa/vaso di Pandora, al punto che servirebbe leggere questo carteggio per ricostruire meglio e con più chiarezza tutta l’opera di Pirandello, e del suo incessante e totalizzante delirio amoroso.

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