IL MATTINO
Dialetto lucano
24.09.2020 - 20:33
Il centro internazionale di dialettologia rappresenta uno dei fiori all’occhiello dell’Unibas, sebbene si rischi un’interruzione delle sue attività. Nato circa due anni fa, pone le sue basi nel progetto A.l.Ba., il quale dal 2007 tutela e valorizza il patrimonio linguistico lucano. Un progetto all’avanguardia, che nessun’altra regione ha e che potrebbe trasformarsi in una ricchezza per la Basilicata, a livello culturale ma anche a livello occupazionale. La Professoressa Del Puente, docente presso l’Unibas e responsabile del progetto in questione, ha spiegato alla nostra redazione cosa sia accaduto e soprattutto perché sia indispensabile proseguire sulla strada già intrapresa.
Cosa l’ha spinta a realizzare la petizione “Tuteliamo le lingue della Basilicata: salviamo il Centro Internazionale di Dialettologia!”?
«Il progetto, nato a marzo 2018, gode di un finanziamento regionale della durata di un triennio e ora rischia di essere interrotto per la sospensione dei fondi. Quando è avvenuto il cambio della giunta regionale, ho richiesto un appuntamento al Presidente Bardi per una questione di “correttezza istituzionale”. Volevo spiegare in cosa consistesse il nostro progetto e presentare un resoconto del lavoro. Non sono riuscita mai a ottenerlo. Essendo stata ignorata dal Presidente, ho deciso di rivolgermi all’Assessore Cupparo, dato che la nostra attività ricade sotto il suo assessorato alle attività produttive, lavoro, formazione e sport.; mi ricevette brevemente e mi disse di proseguire con il progetto. In realtà, sono tanti i problemi riscontrati: il primo anno del progetto è stato particolarmente complesso perché, sebbene l’attività del centro sia partita subito, per un anno non abbiamo potuto indire bandi per reclutare personale qualificato, ossia Dottori di ricerca, facendo slittare le assunzioni. Questa situazione era dovuta alla mancanza di una figura amministrativa che potesse realizzare il bando e ha determinato un rallentamento per cui i fondi stanziati per i ricercatori sono stati utilizzati nel secondo e terzo anno del progetto, anziché nel primo e nel secondo, portando a “un mancato rispetto del cronoprogramma”. In sostanza, il progetto si è arenato completamente sullo scoglio della burocrazia della Regione e anche dell’Università. Ad oggi, continuo a richiedere appuntamenti per sciogliere la situazione, senza ricevere risposta».
Cosa determinerebbe la sospensione di questo progetto?
«Vuol dire tante cose. Innanzitutto, vi sono quattro giovani ed esperti ricercatori che si sono ritrovati senza lavoro a causa della sospensione dei fondi e, quindi, del mancato rinnovo dei loro contratti. Mi stanno a cuore le sorti di questi ricercatori e degli altri tre che ancora lavorano al progetto: si tratta di giovani lucani, altamente qualificati, che hanno scommesso sul proprio territorio. Avevo già proposto al Presidente Bardi che i risparmi derivanti dal “periodo Covid”, potessero essere utilizzati per reclutare i quattro ricercatori che hanno perso il lavoro. Avevo già sollecitato in questo senso prima del 31 maggio. A questo punto, non avendo potuto interloquire con la Regione, temo di non avere più i tempi tecnici per chiedere che la scadenza sia prorogata e avere così altri tre anni per lavorare al progetto. Oltre alla questione occupazionale, non di poco conto, sospendere un progetto del genere significherebbe rinunciare al valore scientifico che ha guadagnato con il tempo. Basti pensare che abbiamo ottenuto partnership con università prestigiose come quella di Cambridge, Oxford, Pisa, la Federico II di Napoli e Udine, i cui rappresentanti fanno parte del nostro Cts. Ho un tutorato anche con l’Università di Boston. Inoltre, ogni due anni pubblichiamo un volume dell’Atlante linguistico della Basilicata che raccoglie il lessico dei 131 paesi, per far sì che se ne conservi memoria. Facciamo conoscere le lingue della Basilicata in Europa e oltre: solo tre settimane fa mi è stato richiesto un articolo dall’Università della California per conoscere il nostro lavoro. Ogni sei mesi realizziamo delle scuole di dialettologia a cui partecipano studenti e docenti da tutto il Mondo. Ogni due anni organizziamo convegni internazionali, alla presenza di più di venti relatori, ai quali segue la pubblicazione degli atti che riassumono l’attività svolta. Una vera e propria ricerca scientifica. Abbiamo creato un alfabeto dei dialetti lucani (Adl) e abbiamo tenuto dei corsi di alfabetizzazione del dialetto lucano nelle scuole primarie e secondarie. Se riuscissimo a pianificare un progetto scolastico regionale di tutela delle lingue locali si potrebbe lanciare l’idea del dialettologo scolastico, una nuova figura da formare e che darebbe occupazione a molti lucani, potenzialmente finanziabile tramite i fondi dei progetti Pon e Por».
Cosa vuole chiedere al Presidente Bardi?
«Innanzitutto, chiediamo un’interlocuzione. Vorremmo capire quale sarà il futuro del centro e soprattutto dei giovani ricercatori. A questo punto, dato il basso costo delle nostre attività, chiediamo che l’attività del nostro centro venga istituzionalizzata, evitando così che ogni anno si rimanga senza fondi o che vengano ridotti. Si potrebbe pensare alla realizzazione di un istituto regionale o a uno di formazione, a una fondazione; qualsiasi opzione, purché possa rispondere solo a sé stessa.
Al momento la nostra petizione è arrivata a oltre 2000 firme, tra cartaceo e online, il che ci fa capire quanto il nostro lavoro sia apprezzato e di come si sia creata una mentalità nuova: se prima ci si vergognava del proprio dialetto ora la gente ne è orgogliosa e lo difende. Avrei voluto evitare di arrivare a questo punto, ma tengo troppo al nostro progetto e ai ricercatori che talvolta hanno persino lavorato gratis, ma non è affatto giusto. I giovani vanno spronati e aiutati, altrimenti diventa offensivo per la loro stessa dignità».
Un’idea unica, che permette di tutelare dei dialetti che potrebbero scomparire con il tempo. Un modo per rimanere legati alle proprie radici in modo sano e moderno, creando occupazione per giovani lucani altamente qualificati e permettere loro di vivere nel luogo in cui hanno deciso di rimanere. Una bella opportunità per la Basilicata che potrebbe distinguersi per un progetto innovativo e culturalmente meritevole: è giusto lasciarsi sfuggire un’occasione del genere?
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