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I lucani all’estero ed emergenza Coronavirus

Da Satriano a Bristol, Roberta e la sua quarantena nel Regno Unito

Il lockdown inglese attraverso gli occhi di una conterranea: «Ho vissuto il dramma italiano da lontano ed ora ci sta travolgendo, ho deciso di non tornare in Basilicata e di affrontare questo periodo in Inghilterra»

Da Satriano a Bristol, Roberta e la sua quarantena nel Regno Unito

La notizia della positività al Covid 19 del primo ministro inglese Boris Johnson è di dominio pubblico, il politico ha sintomi lievi e si trova in isolamento. La sua frase «Molte famiglie perderanno i loro cari» finirà sui libri di storia, assieme alla teoria relativa all’immunità di gregge professata da lui solo pochi giorni fa. Sono in molti gli italiani che per motivi di lavoro si sono trasferiti nel Regno Unito, alcuni hanno deciso di fermarsi oltre manica. Il Mattino ha contattato Roberta, una giovane lavoratrice trasferitasi a Bristol da sei anni. Laureata in Lingue all’Unibas, un Erasmus alle Canarie e poi un altro in Spagna, grazie al progetto Leonardo trova la sua stabilità a Bristol. Tanti anni di esperienza dedicati all’attenzione al cliente nelle strutture alberghiere e nel turismo, per poi giungere in una scuola di lingue. Originaria di Satriano di Lucania, ha deciso di non tornare in Basilicata, un po’ per esigenza, un po’ per senso civico.

L’Inghilterra ai tempi del Covid 19, cosa è cambiato? Come stanno rispondendo i sudditi della regina Elisabetta?

«Siamo entrati in lockdown lunedì 23 marzo, questo è il quarto giorno di quarantena vera e propria, è un po’ presto per dire se tutto ciò comporterà un cambiamento nel popolo, nelle abitudine e nei comportamenti. L'Inghilterra ha iniziato ad affrontare questa situazione più tardi rispetto al resto dell'Europa. È stato stranissimo per me vivere questa cosa contromano, perché quando tutto stava esplodendo nel mio paese, io vivevo una vita tranquillissima qui e ad un certo punto mi sembrava di guardare al futuro e avrei voluto fermare la gente per strada e fare appello al governo, per fare in modo che si prevenisse e che iniziassero a prendere misure da subito, anche senza casi. Il primo strano atteggiamento è stato l'assalto ai supermercati, hanno iniziato a fare scorte di cibo e prodotti disinfettanti, ma soprattutto di carta igienica, è stato il primo scaffale a svuotarsi, seguito subito dopo da quello dell’alcol. C'è ancora troppa gente in giro, non vedo misure molto forti, hanno chiesto alla popolazione di starsene a casa, le forze dello stato e della polizia, immagino si muoveranno nei prossimi giorni, quando realizzeranno che ci vogliono maniere più forti. Noi italiani e spagnoli siamo indignati da questo atteggiamento. La Farnesina ha garantito dei voli giornalieri per chi vuole rimpatriare su Roma Fiumicino, ma date le circostanze e il rischio di portare il virus in un piccolo paese del Sud Italia, ho deciso di restare e affrontare questa quarantena come tutti, come tanti, e facendo attenzione».

Pensi che le misure siano state applicate nel momento giusto?

«Sulle misure prese in Inghilterra credo che ci sia stato tanto da dire, considerando la prima conferenza stampa di Johnson, nella quale dichiarava che avrebbe voluto la famosa "immunità di gregge", tutti siamo rimasti allibiti. In Inghilterra ci sono tantissimi stranieri, le dichiarazioni del primo ministro non sono piaciute soprattutto a noi. Gli inglesi credo si siano divisi al 50 per cento. Ammetto che quando è stata annunciata la chiusura delle scuole, il 20 marzo, molti hanno fatto un respiro di sollievo, e molti altri hanno forse iniziato a realizzare cosa stava davvero succedendo solo in quel momento».

La sanità come si sta organizzando?

«Adottando le misure preventive tardi, il governo inglese aveva l'obiettivo di rallentare il picco e dare tempo alla sanità inglese, qui chiamata Nhs, di organizzarsi. Da alcuni articoli pare che siano stati ordinati migliaia di ventilatori e molti più tamponi e che hanno creato nuovi posti letto per i malati. Migliaia di infermieri e medici in pensione hanno deciso di rientrare a lavoro durante l'emergenza, nuovi apprendisti saranno integrati e ci sono stati circa un milione di volontari che si sono messi a disposizione verso i più deboli.  Io stessa ho ricevuto nella cassetta della posta alcuni biglietti, gente del quartiere ha lasciato i propri nominativi a disposizione di chi vive solo, è anziano o in isolamento. Percepisco tanta solidarietà, questo è certo, ma non mi stupisce, questo senso di comunità qui a Bristol era già apparso durante tutte le vicissitudini politiche sulla Brexit. Hanno invitato gli ultra 60enni e 70enni ad auto isolarsi per dodici settimane (fino a metà giugno) e chiedere supporto a familiari per la spesa e quant'altro».

Qual è la tua giornata tipo?

«È un po’ difficile descrivere la giornata tipo durante la quarantena, è difficile essere in un altro paese e viversi questi momenti da soli, sapendo che la famiglia è lontana.  Sarà una dura prova di forza. Purtroppo per il momento non sto lavorando, quindi non sto facendo lo smart working da casa, mi sto dedicando a me stessa. Questo momento di vita sarà catartico per molti, molti cambieranno le proprie vite probabilmente, capiranno cosa davvero vogliono e in che direzione si stanno muovendo. La mattina inizia con un po’ di fitness in camera per non perdere il contatto con la realtà, mi dedico poi alla cucina e cerco di stare in contatto con i miei cari quanto più possibile. Vivo in una casa condivisa con altre cinque persone, per cui socializzo con i miei coinquilini. Andrò a fare la spesa una volta a settimana per il momento. Sono alla ricerca di un buon corso online che possa aggiungere qualcosa al mio curriculum, vedrò cosa mi ispirerà, momenti come questi possono risultare anche creativi».

 

 

 

 

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