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AZZARDO BASILICATA/2

La proposta dell'esperta: «Un portale online regionale che possa garantire un contatto diretto con specialisti»

Intervista a Federica Nastri, educatrice e pedagogista che chiede la creazione di una Help line: «La registrazione in una piattaforma consentirebbe l’opportunità di chattare in modo anonimo tra gli iscritti che hanno lo stesso problema confrontandosi liberamente»

Il gioco d’azzardo patologico è un disturbo del comportamento che è inquadrato nelle dipendenze comportamentali, la sua grande diffusione è ovviamente dovuta anche alla drammatica situazione che il nostro Paese sta vivendo a livello lavorativo che causa scompensi in ambito familiare, relazionale e professionale. Ne parliamo oggi con Federica Nastri, educatrice, pedagogista, mediatrice familiare e studentessa in Psicologia clinica e della riabilitazione.

In molti considerano la ludopatia come un vizio e non come una dipendenza, perché non è così?

«Un grave errore, nonché ostacolo alla possibilità di contrastare la diffusione della patologia da dga è quello di considerare la ludopatia come un vizio e non come una dipendenza. Ciò implica ridimensionare un allarme sociale che, contrariamente, ha bisogno di essere compreso e combattuto. La ludopatia, come riconosce l’organizzazione Mondiale della Sanità, è una vera e propria malattia mentale, con sintomi specifici ed impulsi incontrollabili che non può e non deve essere minimizzata. Il Disturbo da gioco d’azzardo presenta diverse analogie con la tossicodipendenza, sia in termini neurobiologici implicati, che di criteri clinici diagnostici».

I gruppi di auto mutuo aiuto stanno contribuendo ad aiutare molti dipendenti da gioco, sono un valido sostegno alle terapie?

«I gruppi di Ama aiutano a maturare consapevolezza della patologia di cui si soffre e a preservare nell’affrontarla in modo positivo, colmando quella solitudine che si avverte ogni qual volta ci si trova in una situazione dannosa per sé stessi e di conseguenza per chi sta accanto».

Qual è il percorso che deve effettuare una persona che vuole uscire fuori dal tunnel della dipendenza?

«La ludopatia è a tutti gli effetti una malattia psichiatrica che può e deve essere trattata. È inutile cercare di fare da sé, quando ci si accorge di non riuscire a controllare il proprio rapporto con il gioco, ci si deve rivolgere a centri o singoli professionisti specializzati. La Terapia Metacognitiva Interpersonale mira a migliorare la metacognizione, cioè la capacità di comprendere i pensieri, le emozioni, le cause psicologiche dei propri atteggiamenti, facilita, nel caso dei disturbi del gioco d’azzardo, la gestione di un comportamento disfunzionale in quanto si conoscono i propri desideri, punti deboli e punti di forza su cui agire.“Costruendo la propria gabbia, ognuno impara ad amarla”, perciò non è semplice acquisire consapevolezza e intraprendere un percorso per uscire dal tunnel della dipendenza, ma è il primo passo per la cura di sé stessi».

 La ludopatia è diffusa in tutti i 131 paesi della Basilicata, cosa proporrebbe agli amministratori locali?

 «Il gioco d’azzardo patologico racchiude non solo fascia d’età con maggiore incidenza (20-50 anni), ma si amplia progressivamente includendo anche bambini. Ciò, da educatrice e pedagogista mi consente di sostenere quanto sia necessario intervenire in un’età precoce e cercare, per quanto possibile di impegnarsi ad allontanare il maggior numero di persone da questa dipendenza. Credo sia necessario quindi educare al gioco sano e responsabile, un “buon gioco” da diffondere nelle famiglie, scuole, e associazioni, differenziandolo da un circolo vizioso e patologico quale l’azzardo. L’importanza della prevenzione è anche legata alla non consapevolezza da parte soprattutto dei più giovani ma anche per gli adulti, di capire la dinamica e le basi matematiche del gioco e delle probabilità di vincita, e del non rendersi conto dell’ossessione generata da un accanimento di possibilità di vittoria. Sarebbe dunque stimolante, per giovani e adulti affetti da questa dipendenza, creare una piattaforma telematica, regionale suddivisa in sezioni dedicate ciascuna ad un’area d’interesse sul tema (notizie scientifiche, politiche, legali, sociali) in cui l’individuo può indipendentemente informarsi in maniera semplice e veloce. Aggiungere una Help-line “scrivi all’esperto”, con tutti i contatti della zona utili ai quali rivolgersi richiedendo consulenze online o in studio. Inoltre, la registrazione in questa piattaforma consentirebbe l’opportunità di chattare in modo anonimo tra gli iscritti che hanno lo stesso problema confrontandosi liberamente».

Molti familiari sono all'oscuro della situazione, quali sono i campanelli d'allarme per riconoscere tale problematica?

 «I familiari purtroppo sono quasi sempre all’oscuro della situazione e ciò impedisce il loro impiego in un supporto istantaneo già dalle prime fasi dello sviluppo del problema. Vengono a conoscenza della difficoltà quando l’individuo affetto da dipendenza non riesce più ad occultare le spese fatte.È bene perciò imparare a riconoscere sintomi e segnali che descrivono il giocatore patologico: costante ricerca di soldi, tendenza a mentire a familiari e amici sull’importo delle perdite, esagerata esaltazione, pensiero ossessivo del gioco, disposizione a scommettere sempre cifre più alte, rifiuto dell’idea di essere dipendente, convinzione nelle proprie capacità di smettere in qualsiasi momento».

Le statistiche indicano che tutte le fasce d'età della società sono coinvolte, non si escludono neanche bambini e ragazzi. Chi si rivolge allo psicologo?

«Discutendo in numeri, in Italia i dipendenti da Gioco d’azzardo sarebbero 1.300.000 di cui meno del 10 per cento in cura in terapia. La restante parte non è consapevole a tal punto da richiedere aiuto, o decide intenzionalmente di non farlo. Inoltre, sempre in Italia, è aumentata notevolmente la percentuale dei divorzi legati al gap. Se prima la situazione sociale rilevava solo qualche caso, adesso è una problematica da un peso davvero sostanzioso».

 

 

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