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Azzardo Basilicata/1

La dipendenza da gioco, problematica reale che non salva nessun comune lucano

Michele Cusato presidente di “Famiglie fuori gioco”: «Questa regione ha bisogno di applicare al 100 per cento la legge che già c’è. Comprendere che la ludopatia non è un vizio ma una dipendenza»

Michele Cusato presidente di “Famiglie fuori gioco”

La ludopatia è un demone che si muove silenzioso, una piaga che interessa tutti i 131 paesi della nostra regione. La modifica della legge regionale 30/2014 sta intensificando il dibattito politico sull’argomento. Molte associazioni sono attive in Basilicata, tra queste “Famiglie fuori gioco” presieduta da Michele Cusato, la cui storia è di insegnamento per tutti.

La ludopatia, cos’è realmente?

«Noi continuiamo a chiamarla "ludopatia", ma il nome corretto è disturbo da gioco d’azzardo. È stato conclamato il fatto che sia una dipendenza, è una dipendenza comportamentale. La preda preferita del gioco d’azzardo è quella persona con molti problemi alle spalle, vive una debolezza che vuole colmare col gioco. Non è un vizio, è una dipendenza».

Sono migliaia i lucani coinvolti, basti pensare che nel 2018 nella sola provincia di Potenza sono stati spesi quasi 320 milioni. È una dipendenza che colpisce tutte le età. Qual è la situazione nella nostra regione?

«Si, sono migliaia i lucani coinvolti. Il problema è sottostimato, perché la gente ha problemi a rivolgersi ai Serd, o a noi. Questa piaga coinvolge tutte le fasce di età, non risparmia nessuno. Le tipologie di gioco sono un po’ diverse, per esempio, gli anziani utilizzano di più il gratta e vinci, il 10 e lotto, reperibili al tabacchino. I giovani vanno più su internet dove è possibile trovare una infinità di giochi, non tutti legali. I cinquantenni invece sono invece più attratti dalle slot. Sono pochi quelli che si rivolgono ai servizi, o perché non ne sono a conoscenza o perché pensano di essere catalogati come “tossicodipendenti”, il Serd invece racchiude tutti i Servizi per le dipendenze patologiche».

Lei è presidente di una delle associazioni più attive sull’argomento, “Famiglie fuori gioco”. Di cosa vi occupate concretamente?

«La nostra associazione fa parte del privato sociale e dei gruppi di auto mutuo aiuto. Abbiamo aiutato più di 400 famiglie, siamo nati per rispondere alle esigenze di famiglie che erano sotto la morsa del gioco d’azzardo. Abbiamo creato questi gruppi di auto mutuo aiuto, nei quali la persona che ha questo problema assieme al famigliare comunica le sue problematiche agli altri che hanno lo stesso problema, senza essere giudicato. Diamo ovviamente un supporto tecnico con un team di psicologi, assistenti sociali ed educatori che formano i gruppi dando il proprio sostegno specialistico. Possiamo dire che l’80 per cento riesce ad uscirne vittorioso. Diamo tutta una serie di paletti ed accorgimenti che bisogna attuare, uscire con pochi soldi per esempio. Facciamo molta prevenzione grazie a progetti e protocolli di intesa con l’ufficio scolastico regionale, con le amministrazioni».

Ci sono alcuni ex giocatori che decidono di restare per aiutare gli altri?

«L’esempio sono io. Il gioco stava quasi per uccidermi, sono resuscitato 10 anni fa grazie all’associazione che ora presiedo. Porto la mia storia in ogni angolo della Basilicata per far capire che si può uscire dal tunnel, bisogna farsi aiutare».

Negli ultimi mesi, uno dei temi principali del dibattito politico lucano è incentrato sulla modifica della legge regionale 30/2014. Cosa ne pensa lei?

«Ho partecipato ad una audizione in quarta commissione, il mio intervento non ha avuto esiti positivi. Chi sta portando avanti questa modifica lo sta facendo senza ascoltare nessuno. La legge che abbiamo attualmente prevede di non inserire nuovi esercizi ad una distanza di 500 metri e lontano dai luoghi sensibili, come le scuole e i centri di aggregazione, secondo la modifica e secondo uno studio Eurispes la distanza non incide sul condizionamento del giocatore. Le faccio un esempio per essere concreto. A Potenza c’è una sala giochi molto vicina ad una scuola, i ragazzi possono scegliere se andare a scuola o in sala giochi. Le assicuro che in molti si fermano a giocare. Abbiamo, grazie ad un provvedimento del sindaco De Luca, un po’ ridimensionato il problema con gli orari obbligatori, ma è un problema che non si può risolvere solo così. La cosa peggiore è che la modifica riguarda l’articolo 6 che parla di eliminare le sanzioni per comportamenti scorretti da parte dei proprietari, non ha senso. Un’altra modifica, per noi insensata, è quella che cita l’inserimento di due rappresentati del gioco lecito nell’Osservatorio. È un controsenso».

Di cosa ha bisogno la nostra regione?

«Questa regione ha bisogno di applicare al 100 per cento la legge che già c’è. Sulle distanze, sulla prevenzione. Comprendere che la ludopatia non è un vizio ma una dipendenza».

 

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