IL MATTINO
Arte
27.01.2020 - 11:03
L’11 dicembre 2019, Eustachio Santochirico, giovanissimo artista meglio conosciuto come Uccio Matera, ha ricevuto la comunicazione che aspettava da almeno vent’anni: realizzare il Carro della Bruna e lo farà grazie all’aiuto dei suoi ragazzi. Un artigiano cresciuto in ambienti associativi, animatore di comunità per il Progetto Policoro, un anno ad Amatrice come supporto alla popolazione colpita dal terremoto, i tuoi colleghi speciali. Chi è Uccio Santochirico?
«Uccio è sicuramente una persona a cui non piace molto parlare di sé, non ama emergere o schiacciare altre persone. È tutto vero quello che mi hai chiesto, dall’ambiente associativo così come le esperienze di animazione di comunità con il Pp, queste esperienze trasversali che hanno contaminato la mia vita e mi hanno aiutato a contaminare e scrivere cose nuove per quanto possibile in piccola parte, mettendo in connessione tanti ambienti diversi, apparentemente distanti. Mi piace pensare che siano gli altri a raccontare di me, io sto ad ascoltare tutti quelli che hanno da dire qualcosa sia i positivo che in negativo. Sicuramente Uccio è una persona che ama questo territorio e vuole fare bene a questa terra e alla gente che lo abita».
Il 2 luglio sarà il grande giorno. Come è nato il tuo bozzetto? Come sarà il tuo carro?
«Sarà un giorno storico. Il bozzetto è nato inseguendo un sogno lungo 20 anni, che per grazia di Dio, per impegno, per fortuna o per caso sono riuscito nel lungo tempo a perseguire. Vorrei che il mio carro fosse l’insieme di tutte le esperienze che mi hanno accompagnato, vorrei che raccontasse in maniera nuova l’immagine del Vangelo. Vorrei che fosse un giorno di unione e unità della comunità, senza distinzione alcuna. Un ringraziamento speciale va a Digilio Legno and design che ci sta dando un contributo notevole».
“Oltre l’arte” una cooperativa nata proprio grazie alla grande rete del Progetto Policoro. Parlaci di lei, dei tuoi ragazzi.
«”Oltre l’arte” è attiva da più di 10 anni su questo territorio, grazie all’impegno di alcuni giovani che si erano ritrovati intorno alle parrocchie mossi da pagine di Vangelo e dal desiderio di investire sul proprio territorio, incrociando le disponibilità che la diocesi metteva a disposizione attraverso le chiese rupestri. La sua è un’espressione di una realtà possibile e bella, nel cui organico dà la possibilità di lavorare a soggetti con diverse abilità. I miei colleghi sono dei gioielli, è una scoperta ogni giorno. Investire sugli altri vuol dire investire su sé stessi, restituzione che non tarda ad arrivare, quando vedi la gioia di una competenza tecnica trasmessa che diventa molto altro».
Dai primi anni 2000 hai iniziato a realizzare piccoli carri. Come è cambiata la tua vita da allora?
«La mia vita è cambiata come sono cambiato io. Pochi sono i punti di riferimento fissi come delle stelle, uno è sicuramente il Vangelo. Quella esperienza degli anni 2000 ebbe una risonanza grandissima a livello cittadino, mi ha aiutato ad avere uno sguardo ampio. Ho sempre visto il lavoro in un’ottica diversa, non solo per me stesso ma per la comunità. Non ho fatto granché ma tante piccole esperienze mi hanno cambiato, come quella di Amatrice. La gente mi ha adottato come un figlio, un fratello, un genitore. Non ha un valore economico o sociale, è un punto di non ritorno per la mia vita».
Hai indirizzato tanti giovani verso il lavoro nei tuoi anni come animatore di comunità del Pp. Investire oggi in Basilicata, si può?
«Una delle cose più belle che mi capita è vedere aprirsi delle posizioni lavorative per giovani lucani. Non mi è mai piaciuto illudere le persone anche come animatore, faccio il possibile per aiutare qualcuno a recuperare una dignità con il proprio lavoro. Non so se si può, ma credo che a volte è un dovere investire nel proprio territorio. Rallentare il lungo processo che ci vede coinvolti, unire le forze è un dovere di ciascun lucano. La Basilicata è anche una possibilità, ogni idea ha una risonanza maggiore in questa terra rispetto ad una metropoli».
L’arte per Uccio. Dacci una definizione.
«L’arte per me è un insieme di emozioni. Faccio lavorare in simbiosi la parte dell’animazione di comunità, con la competenza tecnica del modellare l’argilla, il dipingere, il disegnare. Condividere, trasmettere un’esperienza, far rivivere un’emozione. Questa è l’arte, un modo per liberare le persone, una via per integrare, per accogliere, per incontrare».
edizione digitale
Il Mattino di foggia