IL MATTINO
Scuola
16.01.2020 - 16:21
L’arancione è sicuramente il colore preferito del professor Marco Toscano, 41 anni nato a Marconia, premiato nell’auditorium Conciliazione di Roma come miglior docente d’Italia per Repubblica scuola e United network. Cresciuto tra le fila del movimento universitario Sui generis, portava con fierezza la sua sciarpa dal colore fluo, tanto da presentarsi come candidato presidente alle regionali del 2010. Vive a Ferrara, con sua moglie, sua figlia e due gemelli in arrivo. Insegna materie letterarie all’Ipsia "Ercole I d'Este" e, nel suo piccolo, ha stravolto il modo ortodosso di fare lezione dando ai suoi studenti quel qualcosa in più. “The new poets” è il progetto di cui si fa promotore, nel quale la poesia si fonde con il rap, creando brani cliccatissimi sui social e su Spotify.
Lei parla del suo lavoro come una missione, ha scelto infatti un istituto professionale. Quando ha deciso di dedicare la sua vita professionale ai suoi alunni? Da dove nasce la sua passione?
«Fondai tanti anni fa Sui generis a Salerno e poi a Potenza, una organizzazione politica che mi permetteva di organizzare eventi, incontrare gente. La passione per la filantropia, nasce da giovane come studente universitario e si è realizzata con la creazione di associazioni».
Il progetto “The new poets” è uno dei quattro progetti vincitori del premio Atlante 2019 United network - Repubblica scuola, come è partito?
«Nel 2013 un mio ex alunno mi invia un videoclip dicendomi che ha scritto il testo della canzone prendendo spunto dalle mie lezioni di storia e di educazione civica. Ho pensato che si potesse creare un progetto capace di coinvolgere studenti e docenti nella realizzazione di canzoni in cui parlare di tematiche serie, quali mafia, bullismo, razzismo, disturbi dell’apprendimento. Abbiamo cominciato a farlo in maniera “artigianale” per poi diventare professionali, infatti l’ultimo nostro brano è sui digital store, come Spotify per esempio. Non pensavamo di crescere di livello, la rete ora è migliorata e tentiamo di creare un prodotto finito, didatticamente corretto, utile da spendere a scuola ma anche al di fuori dai confini della scuola».
Quali sono gli strumenti reali che la scuola le ha fornito per poter portare avanti il suo progetto?
«La scuola mi ha fornito l’elemento essenziale per il mio progetto, i ragazzi, i miei studenti. Sono il vero motore di “The new poets”, ballano, cantano, fanno i video maker, scrivono testi, sono i veri protagonisti. Quando cantiamo ci rivolgiamo non solo agli altri studenti ma anche a persone più adulte e alle future generazioni. L’arte ti rende immortale, rende immortale le tue idee, in un lascito continuo verso il futuro. Come diceva Shakespeare “o fai figli, o fai poesie” io ho preso alla lettera il suo consiglio, seguo la famiglia e lascio qualcosa ai posteri. Con il nostro progetto, rendiamo la scuola più accattivante, i ragazzi sono disposti a fare ore suppletive, extra curriculari, in luoghi diversi, a loro non pesa, anzi».
Lei è di ruolo da 12 anni. Ha mai pensato di tornare ad insegnare in Basilicata?
«Nella vita mai dire mai. Quello che è sicuro è che la Basilicata è già presente nella rete di “The new poets”, l’avvocato del progetto è Antonio Macellaro, un grande professionista di Potenza, gli imprenditori che mi aiutano sono lucani. Tutto quello che era Sui generis, da un punto di vista culturale, fa parte automaticamente della nostra rete. Avendo creato un rapporto così solido nel passato su attività così serie, è automatico che se uno dei membri fa una iniziativa tutti gli altri sono solidali e in rete con lui».
Il progetto “The new poets” è secondo lei applicabile anche nelle scuole lucane?
«Certo, il mio sogno è proprio quello di creare una rete di scuole. Un istituto di Policoro fece un collegamento con noi, quando venne realizzata la campagna contro la violenza sulle donne. Non abbiamo confini, per noi “The new poets” parte dalla Sicilia fino a Barcellona. Il mio ex studente, il compositore che ci ha ispirato, vive a Barcellona infatti. Su alcuni brani ci aiuta direttamente per la base musicale, la cosa bella è che i nostri ex studenti non escono più dal giro. Siamo sempre in rete. Grazie a questo scambio continuo, aumenta la qualità del prodotto».
"Non è normale che sia normale” è sicuramente la canzone più popolare lanciata dai suoi ragazzi. Un rap contro la violenza sulle donne. Cosa c’è in programma per il 2020?
«Sta per uscire un nuovo video, questa volta animato, sui disturbi specifici dell’apprendimento. La canzone è finalizzata a far conoscere il tema dei Dsa, realizzata graficamente da una freelancer Michela Alfano di Gallarate in Lombardia. Come può vedere la rete è estesa, ci sono persone esterne che fanno la consulenza, con il fine unico di creare un intreccio fitto. Cantiamo canzoni che nel commercio non ci sono, con temi particolari che solo una scuola può avere il coraggio di trattare. Noi dobbiamo fare cose serie e cantarle sul serio, per dimostrare che il linguaggio moderno dei giovani non è rivolto solo a stimolare temi negativi. Le prossime canzoni saranno sulla sicurezza sul lavoro, sulla prevenzione, sul corretto stile di vita, ludopatia. Il progetto è unico, le problematiche sociali sono tante ed in continua evoluzione».
È passato qualche anno da quando indossava con fierezza la sciarpa arancione dei Sui generis, ricordiamo la sua candidatura come Presidente della Regione Basilicata. Ha mai pensato di ripetere l’esperienza?
«La cultura fa politica, l’arte aiuta la politica. Aiuto la politica a modo mio, formando le menti dei miei ragazzi e creando dei prodotti artistici. Facciamo canzoni che fanno riflettere, quindi anche io continuo a fare politica. Ho scelto l’arte per impegnarmi concretamente, per veicolare messaggi più ampi senza uno schieramento preciso. Mai dire mai per il futuro, non escludo di dedicami alla politica attiva ancora una volta. Per il momento sono soddisfatto. Sin dai tempi di Sui generis mi circondavo di giovani e lo faccio ancor di più adesso, aiutando i miei studenti ad affrontare il presente con un occhio critico».
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