IL MATTINO
A un passo dal vero
13.06.2017 - 13:20
La poetessa Isabella Morra, uccisa a 26 anni
La compagnia degli innamorati di Isabella prima era arrivata alle 10.30. Il primo impatto, lungo la scalinata che conduceva al castello, fu con la sagoma del corpo di Isabella seconda, che, nonostante la pioggia, permaneva sui gradini. Gli ospiti si erano sbandati un attimo, inciampando fisicamente e psicologicamente gli uni negli altri nel tentativo di non urtare contro le protezioni. Il dottore ebbe subito la conferma di quanto le cose fossero profondamente cambiate. Il suo disappunto era evidente. Ma come aveva fatto a non rendersi conto che nulla sarebbe più stato come prima, beh, certo almeno per qualche tempo. E quel tempo sarebbe stato prudente attenderlo tutto, prima di tornare al castello. Tra i divieti di accesso ad alcuni locali, su cui si stavano ancora effettuando rilievi, quello alla biblioteca era il più pesante, essendo la compagnia formata soprattutto da esperti nel campo letterario che avrebbero sicuramente voluto accedervi per i loro studi, e poi (ma questo ovviamente coinvolgeva il dottore e pochi altri che avevano già visitato il castello) mancava la voce di Isabella seconda, quella voce che leggeva per i visitatori i versi di Isabella prima e ne raccontava la storia, in un modo tutto suo, con una tenerezza che si trasmetteva inevitabilmente a chi l’ascoltava, e un rigore scientifico, che rappresentava una vera sorpresa per i già ben documentati ascoltatori. Quest’assenza si percepiva nei mormorii e negli sguardi di alcuni, che, segnati a uno a uno nel taccuone mentale di Adele, sarebbero stati presto trasferiti con nomi e cognomi nel suo taccuone materiale.
Il dottore, peraltro, aveva trovato la dottora Adele Pasquaretta ad attenderlo, inevitabile, dunque, l’impatto con le responsabilità che derivavano dal fatto 1- di essere il proprietario del castello, 2- di averne affidato ai Costa la gestione, 3 - di aver avuto con Isabella seconda una corrispondenza di cui c’era evidente traccia tra le carte della giovane vittima, nonché sul suo pc. Essere stato lontano dal castello nel momento della morte di Isabella era l’unico punto fermo a suo favore, e certo non era un punto da poco.
Buongiorno, dottore – aveva detto Adele, che subito aveva colto il disappunto del proprietario.
Ma in fondo gli aveva detto solo “buongiorno”, pensò che forse non era stata abbastanza gentile e ripeté:
– Buongiorno, dottore.
Chissà perché quella parola le usciva condita da un tono impercettibilmente (ma che impercettibilmente!) ironico, si preoccupò, perché non voleva assolutamente che il tono fosse quello, ma la commissaria Adele non sempre riusciva a prendere il sopravvento sulla donna Adele, e questo era il risultato. Peccato che non avessero uno psicologo in commissariato, come nelle serie crime americane, sarebbe corsa subito a farsi curare.
L’incontro con il dottore era durato circa un’ora, giusto il tempo di una visita degli ospiti in paese, così al loro ritorno poteva riprendere, benché nello stile “scena del crimine”, il viaggio sentimentale. Se il dottore aveva reagito con un evidente disappunto alla situazione, gli ospiti ne sembravano trarre tutt’altro spirito. Eccitati, questa era la parola giusta, pensò Adele, che li osservava attentamente, mentre permaneva il suo ingovernabile sdoppiamento (ma lei, diceva “raddoppiamento”) commissaria-donna.
Non capita certo tutti i giorni di trovarsi in un luogo che a 469 o 470 anni di distanza vede compiersi un altro delitto nello stesso posto (più o meno).
Adele non poté non guardare con sospetto quel perfetto ragioniere. Isabella prima era stata uccisa nel 1545 o, secondo altri, nel 1546, quindi, giusto, erano trascorsi 470 o 469 anni. Tanti, ma in fondo, in quel momento, si sovrapponevano perfettamente. E l’emozione era doppia!
Tipico prof, meglio tipico ragioniere. – aveva pensato Adele – Si è fatto bene i conti! Questo lo interroghiamo.
Adele si avvicinò a quello che ormai, chiunque fosse, era per lei “il ragioniere”, e si presentò affabilmente:
Sono la commissaria Adele Pasquaretta. Buongiorno. Lei è?
Sono Adolfo Cendola… - aveva risposto il “ragioniere”, con uno sguardo obliquo, per il leggero strabismo.
Aaah. Bene, il suo nome… lei doveva essere il relatore della tesi di laurea di Isabella Costa, vero?
Io…forse…non era ancora deciso. Isabella stava facendo un buon lavoro, ma non mi aveva mandato ancora il risultato finale. E…sa…io sono molto selettivo…in quanto uno dei maggiori esperti internazionali di Isabella Morra…, beh, non per vantarmi…è il mio curriculum…
Non abbiamo trovato traccia della tesi di Isabella, solo spezzoni sul pc, che stiamo esaminando – aveva detto Adele, tanto per cominciare a saggiare le reazioni di Cendola.
Non saprei... – aveva detto Cendola, mentre l’obliquità dello sguardo aveva rasentato il rischio della fuoriuscita dell’occhio dall’orbita.
Adele aveva preso appunti, esibendo il taccuone, che aveva l’effetto di rassicurare gli interrogati. E anche Cendola era caduto nel tranello. “E che vuoi che ci capisca, questa!”, doveva aver pensato. Esattamente quello che Adele voleva pensasse, in quel momento.
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