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Operazione dei carabinieri di San Severo

"Schiave del sesso", segregate in un casolare: sei arresti

La ragazza ha raccontato di essere di essere stata contattata nel proprio paese da una connazionale che le aveva proposto di andare in Italia con la promessa di un lavoro onesto e ben retribuito come collaboratrice domestica.

Le donne erano tenute sotto stretta vigilanza dai loro aguzzini. Costrette a vivere in stanze di pochissimi metri quadrati, al cui interno vi era solo lo stretto necessario per la sopravvivenza: una lampadina, una stufa e neanche una finestra per rendere impossibile qualunque tentativo di fuga.

Sei persone sono state arrestate con l’accusa di induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Finiscono in carcere Nazzareno Emanuele Pariginodi 73 anni di Lesina e i bulgari Maria Petrovadi 24, Kameliya Lyubenovadi  29, Maya Yankovadi 35, Boyko Georgevdi 26, Petya Petkovadi 24. Tutto è partito grazie alla coraggiosa denuncia sporta da una 20enne bulgara. La ragazza ha raccontato di essere di essere stata contattata nel proprio paese da una connazionale che le aveva proposto di andare in Italia con la promessa di un lavoro onesto e ben retribuito come collaboratrice domestica. Una volta giunta a San Severo però la giovane è stata messa davanti a tutta un'altra realtà: ad attenderla vi era un altro suo connazionale che, dopo averle sottratto i documenti e il cellulare,  l’ha minacciata e poi picchiata, costringendola a prostituirsi. La  ragazza ha  raccontato anche il modo con cui i suoi aguzzini l’accompagnavano lungo la statale 16, tenendola sempre sotto controllo per evitare che potesse allontanarsi o chiedere aiuto alle forze di polizia. Al termine della giornata veniva poi riportata, sempre insieme alle altre, nel casolare, dove venivano rinchiuse, e chi non era riuscita a guadagnare almeno cento euro veniva oltretutto anche picchiata con una mazza. Raccolta questa testimonianza i militari hanno quindi avviato una serie di appostamenti, che hanno consentito di individuare il luogo dove le ragazze vivevano segregate. Al momento dell’irruzione nel casolare vi erano una decina di ragazze tra i 20 ed i 25 anni ed  il proprietario. Dal racconto delle vittime è emerso che quest’ultimo pretendeva il pagamento mensile di 1000 euro. Le donne erano tenute sotto stretta vigilanza dai loro aguzzini. Costrette a vivere in stanze di pochissimi metri quadrati, al cui interno vi era solo lo stretto necessario per la sopravvivenza: una lampadina, una stufa e neanche una finestra per rendere impossibile qualunque tentativo di fuga. I cancelli perimetrali erano altissimi e gran parte dei quali recintati  con del filo spinato. All’interno di un cassetto, i militari hanno anche recuperato i documenti di identità sottratti alle giovani vittime. Le ragazze sono state affidate ad alcune comunità protette.
 

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