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I pensieri dell'Altrove

Vieni, ti porto con me, lontano dal campo delle ore ferme

Certe volte serve la capacità di fare piccole rivoluzioni per mettere fuori dalla porta le tossine vecchie ed accogliere le attenzioni nuove, spostando la convinzione che si ha di se stessi dall’inadeguatezza al sostegno convinto

Vieni, ti porto con me, lontano dal campo delle ore ferme

"La donna dagli occhi verdi", Franco Cioni (Galleria Piziarte.net)

Ti porto con me. Adesso. Prima che faccia giorno e la precisione della luce ci possa allontanare, prima che l’indolenza delle abitudini ci colpisca nelle gambe e ci faccia fermare. Partiamo e andiamo a trovare il diverso da qui, cerchiamo le considerazioni scomode, spingiamo il nostro desiderio nelle componenti audaci, spiamo il nostro volere e la sua volontà, sollecitiamo lo sguardo verso la curiosità e le intenzioni. Non voglio più stare qui, nel campo delle ore ferme a guardare le repliche della noia, a pensare al talento fuggito per dispetto, a disporre le ansie sotto le coperte delle consolazioni finte. La stanchezza asciuga il fluido del sangue caldo, fa isolare i centri di energia e li abbandona, imbroglia il corpo, anestetizza il cuore. Certe volte serve la capacità di fare piccole rivoluzioni per mettere fuori dalla porta le tossine vecchie ed accogliere le attenzioni nuove, spostando la convinzione che si ha di se stessi dall’inadeguatezza al sostegno convinto. Vieni con me. Scegli il passo dell’insolenza alla frustrazione dell’obbedienza. Sposta la testa dal ragionamento ordinario e affonda il respiro nel viaggio del pensiero nomade. Ci aspetta la forza dei temerari, la strada delle prove incerte, la conoscenza e la difesa dei nervi scoperti. Trasciniamo le mani dalle solitudini al cielo, allarghiamo i sensi del vuoto e convertiamolo in un’idea fulminante di libertà. Immaginiamo il divino, vicino all’anima, in quel posto nascosto ma vulnerabile, in quel tempo che se n’è andato senza chiedere scusa, in quell’angolo antico dove avevamo protetto i desideri, in quei momenti di ferocia infelice. Immaginiamolo nostro, completamente recuperato dalla sua ignoranza, devotamente misericordioso. Il divino che non castiga, che non ricatta e non assolve. Non ci sono colpe, non si decidono sanzioni. Ci si fa compagnia e ci si guarda in fondo. Così in fondo da riconoscersi e volersi bene, da pensare di essere uniti ed unici. Così sorprendentemente intimi e complici da potergli affidare un nome. Il nostro. 

P.s. A giorni vivrò la grande emozione di ridiventare nonna. E per questa importante ragione noi,  per i post inediti,  ci risentiamo fra un po’. Buona estate. E grazie. 

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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