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I pensieri dell'Altrove

Quei luoghi segreti tra la veglia e il sonno

La fatica inevitabile è quella di imparare come stare al mondo, come camminare senza correre, come addormentarsi senza brutti sogni, come lasciarsi scivolare senza cadere malamente.

Quei luoghi segreti tra la veglia e il sonno

Scivolare lentamente verso quel passaggio opaco fra la veglia ed il sonno. Quel buco fluido di ultime immagini e di idee disordinate eppure lucide, come messaggi segreti che a fine giornata ci vengono ad ispirare. Non le fermi e non le condizioni, vanno da sole verso una porta chiusa della coscienza oppure restano imbrigliate in qualche fessura della memoria e il giorno dopo ti ricordano che hanno camminato sparse ma unite nella tua testa. A me capita, a volte, di trovare in quello spazio misterioso che si consegna ai sogni, delle soluzioni formidabili o delle intuizioni rivoluzionarie, sembra quasi che prima di dormire si abbia il desiderio di ristabilire un equilibrio nei fatti e nelle cose del giorno che ci hanno dato un certo disordine inquieto.  Succede però che la porzione di razionalità che ritorna vigile al mattino applichi una forma di severo ridimensionamento, la coscienza critica assottiglia, sgonfia, sottrae, e le risposte ad alcune situazioni non sembrano più così convincenti. La luce evidenzia i limiti, definisce le dimensioni, annulla le facilitazioni fluide dei pensieri prima che possano diventare esiti costruttivi.  Noi, comunque, continuiamo ad avere bisogno di luoghi segreti e profondi in cui le resistenze allentano la rigidità e i giudizi, abbiamo solide stanze selvagge in cui è permessa la negligenza, le pareti sanno accogliere le verità scomode, l’aria si fa da parte per ascoltare la voce del dispiacere, di qualche gioia scordata, delle solitudini. Luoghi privatissimi, destinazioni di piccoli regali di libertà e di esplorazioni. Senza farsi troppo male, senza pretendere troppa compagnia, solo guardandosi. Sentire le mancanze, dirsi che niente ci dà la garanzia di non essere feriti, neppure l’amore, chiedersi se siamo presenti nella vita degli altri in maniera piena ed inclusiva e non forzatamente intrusiva, abbracciare i nostri errori e farne un vantaggio formativo, pensare intensamente ad avere cura dei giorni estranei che dovremo conoscere e con cui dovremo convivere. La fatica inevitabile è quella di imparare come stare al mondo, come camminare senza correre, come addormentarsi senza brutti sogni, come lasciarsi scivolare senza cadere malamente. Proprio come quei pensieri e quelle intuizioni che si distendono in quel fiume emotivo prima del sonno. A metà fra la consapevolezza adulta e l’onda calma di una resa pacifica. 

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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