IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
14.01.2018 - 11:02
Il presente non è mai troppo lungo. Un giorno ti svegli e capisci che l’innamoramento, il matrimonio, i figli da cullare, i libri degli esami, l’ostinazione imprudente, sono tutti già passati e parzialmente dimenticati. I capelli hanno perso fibra, la faccia è cambiata, gli occhi hanno la secchezza della maturità, l’offerta di forza e progetti che la vita assegna ad ognuno di noi ti pare disidratata. Restare giovani “dentro” resta l’unica soddisfazione, leggi consolazione, a metà fra una convinzione necessaria e il dovere di prendersi affettuosamente cura di sè e della propria ragione. Quante scelte avremmo potuto cambiare? Quanti interventi avremmo potuto trasformare in situazioni più giuste, più corrette o semplicemente più vantaggiose per noi stessi? Il ventaglio largo delle possibili variabili visto da lontano è sempre facilmente leggibile, la distanza dal tempo passato o la mancanza delle cose specificano meglio gli errori, evidenziano le sottrazioni, comprendono la ribellione, le rabbie, le svolte dettate più dall’ impulso che dalle meditazioni anche corte. Sì, tutti avremmo potuto fare meglio, di più, ma sorprendentemente, anche di meno. Il punto è che siamo chiamati tutti, prima o poi, da una voce interiore che ci porta in luogo di seduzione irrinunciabile o in desiderio che ci avvolge la testa come una nuvola, per poi schiantarci contro il muro di un obbligo, di una colpa, un assedio. E qualche tempo dopo, probabilmente, in un rimorso, in un rimpianto. “Non avrei dovuto farlo, ma l’ho fatto”. “Avrei dovuto farlo, ma non ce l’ho fatta”. Un continuo filo teso e nervoso di regole etiche, sociali, individuali, ma parallelamente di frustrazioni, incomprensioni, solitudini. Le regole servono a dare una forma sana ed una sostanza equilibrata a tutti i nostri comportamenti erga omnes, ma in qualche circostanza sono diventate bugie, tradimenti, omissioni, silenzi. I divieti sono zone necessarie da attraversare, sono codici di accesso per la convivenza universale, tuttavia credo che trasgredirle sia esperienza comune, probabilmente fisiologica, proprio per comprendere meglio il significato della norma e della piena consapevolezza dei propri limiti. Ad essere crudemente sinceri, è intimamente soddisfacente ricordarsi di aver abusato, in qualche occasione, di un senso allargato della propria libertà perché, diciamoci la verità, essere stati disobbedienti è una misura per testare angoli nascosti del nostro carattere e della nostra formazione. Avere sconfinato per spavalderia, per convinzione o solo per umana curiosità è la dimostrazione di come il dubbio dell’esistenza è sempre in movimento, di come l’incertezza delle circostanze cerca sempre delle risposte come delle case in cui proteggersi. Non so bene, nè poi mi importa così tanto essere a conoscenza della forza di un rimorso o della debolezza di un rimpianto (e viceversa). In ogni caso, quando scivolo da sola in questa riflessione, intravedo quasi sempre la consistenza non troppo velata del risentimento o del rimprovero, di una fitta di infelicità o di dannose recriminazioni. Onestamente credo che, ad un certo punto non ci servano più di tanto. Tutto è già ampiamente scritto o sta passando e adesso, semmai, stiamo solo vivendo le conseguenze. Quindi, continuerà questo nostro andare con i suoi errori, impercettibili o potenti, immodificabili o irrimediabili. Perchè la Storia nasce imperfetta, la vita stessa è imperfetta. E noi, figli dell’attimo perfetto, siamo alla fine l’espressione più precisa e decisa di tutta questa rotonda e spigolosa imperfezione che si chiama mondo.
edizione digitale
Il Mattino di foggia