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I pensieri dell'Altrove

Ti è mai capitato di essere al guinzaglio della paura?

Anche alla mia nipotina, quando dorme da noi, capita a volte di fare brutti sogni. Arriva scalza, silenziosa come un gatto, delicatamente si appoggia sul bordo del letto ed io la rassicuro. È un'operazione semplice e tenerissima insieme.

Ti è mai capitato di essere al guinzaglio della paura?

Da piccola la paura mi portava al guinzaglio a fare passeggiate. Soprattutto di notte, quando pensavo troppo e dormivo poco, mi faceva fare giri freddi a piedi scalzi prima di farmi fermare in un posto sicuro. La casa, il letto, le pareti, tutto quello che di giorno appare familiare e conosciuto, di notte cambia vestito e odore. Persino il silenzio è occupato da rumori allarmanti che si muovono fra il tuo spazio e il comodino, la coperta, il cuscino. I brutti sogni sono quelle immagini che anche quando siamo grandi non si dimenticano di noi, ci fanno svegliare sgarbatamente, fanno sudare freddo, mettono inquietudine. Ma da piccoli, semplicemente, atterriscono.
La stanza di una mia zia single, che noi però una volta chiamavamo zitella, era essenziale. L'arredo sobrio, un letto singolo con un copriletto ricamato, sempre bianco, una scrivania con i temi degli alunni da correggere, un armadio. Zia era una persona che somigliava al suo stato anagrafico, cioè persona sola, silenziosa, percettibilmente triste, una che voleva avere a che fare solo con se stessa. Magrissima, la chiamavamo solo 'zia' senza aggiungere il nome, un po' per una forma bizzarra di economia domestica, un po' perché aveva spalle così gracili che darle un nome ci sembrava di farle sopportare un peso veramente inutile. Col tempo ho capito che zia aveva un carattere singolare, per esempio non mangiava mai quello che mangiavamo noi, credo fosse stata una vegana ante litteram e non consapevole, vestiva sempre di blu, era poco affettiva e molto rigorosa. La ricordo con i capelli bianchi, lunghi e raccolti monasticamente dietro la nuca. Usava creme per il viso e un profumo così intenso che se lo dovessi risentire adesso, fra mille, io lo riconoscerei subito. E subito mi schiaccerebbe un senso di nostalgica, incoercibile nausea. Zia viveva con noi, e di notte, quando i brutti sogni arrivavano a tradimento, fra la nausea del profumo intenso che impregnava anche le lenzuola bianche, alla disperazione della paura, io sceglievo la nausea. Mi infilavo nel lettino, mi mettevo in uno spazio stretto, non parlavo. Io e zia sapevamo già. I brutti sogni sono sempre densi, vischiosi, come quegli stomachevoli sciroppi contro la tosse grassa, ti avvitano in quella dimensione rallentata, quasi paralitica, e a volte sono così cattivi che il cuore schizza verso la testa, le mani si stringono, gli occhi si aprono sullo spavento appena subìto. Da grande ti dici, con il giusto e severo ragionamento, che va tutto bene, che è stato solo un fottutissimo brutto sogno. Ricomponi l'inquietudine, accendi la luce, provi a dare la prima interpretazione razionale per averla vinta su quel sentimento di perdizione che ti ha imprigionato nella nebbia vischiosa. Da piccoli si è più sprovveduti e scoperti, si hanno meno strumenti di elaborazione, si vedono i mostri seduti sul lettino e si ha solo voglia di essere rassicurati. Il buio è da sempre, per tutti, una esplosiva raccolta di paure e di attacchi invisibili alle ansie non superate.
In questo caotico girotondo che è la nostra esistenza certe cose si ripetono, senza troppe alternative significative. Si ripetono i sogni, i brutti sogni, la ricerca di un sollievo allo spavento, la voglia di disfarsi del guinzaglio, il desiderio di stare bene, o almeno discretamente. Così, in questa antropologica reiterazione dei comportamenti, anche alla mia nipotina, quando dorme da noi, capita a volte di fare brutti sogni. Arriva scalza, silenziosa come un gatto, delicatamente si appoggia sul bordo del letto ed io la rassicuro. È un'operazione semplice e tenerissima insieme. Chi la ricorda la riconosce. Non credo però che lei da grande dirà che il mio profumo le dava un persistente senso di nausea, anzi, il giorno dopo vuole usare i miei prodotti che lei ha denominato 'i saponi della nonna'. È quindi quasi certo che nel tempo la cosmesi ha migliorato le fragranze, le ha rese moderne, forse più sofisticate e meno persistenti. Ma i brutti sogni continuano ad essere terrificantemente uguali, nei procedimenti tecnici come in quelli emotivi. Continuano a sviluppare trame angoscianti, immagini che non si dissolvono, continuano ad essere pesi che ti porti dietro per almeno tre/ quattro ore e chi ha la pazienza di ascoltarti dopo un po' deve, possibilmente, simulare spavento e partecipazione sennò ti senti ingiustamente incompreso. I brutti sogni sono distribuiti equamente e democraticamente, parlano con noi soprattutto di noi. Non hanno età, attaccano la fantasia dei bambini e intercettano da sempre le nostre profondità oscure. Cambia tutto, ma il misterioso e a tratti perturbante linguaggio dell'inconscio degli uomini no. Eppure, a pensarci, dovrebbe essere diventato saggio. Da quando siamo biologicamente comparsi, sono passati appena un paio di milioni di anni, ma evidentemente la potenza di tutto quello che non si vede, che si pensa, si soffre, si intuisce, si conferma o si distrugge è una cintura infinitamente indistruttibile, stretta all'anima più forte del tempo e dell'evoluzione. Spesso, anche della stessa indispensabile ragione.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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