IL MATTINO
I pensieridell'Altrove
19.03.2017 - 10:34
L'avevo scordata, la tua faccia dietro ai vetri. L'ho rivista. Severa, austera, senza sorrisi superflui, ma con quel senso rassicurante di matura giustizia. È stato un attimo, mentre passavo veloce. Avevo il sole di fronte, la strada sotto le ruote, la testa fra i casini, e te di lato. Dietro quel vetro di quella finestra ho fermato un pugno di tempo irreale, ma se le cose le pensi intensamente forse le attrai, se le ricordi sempre forse le puoi vedere. Non posso dire che tu mi aspettassi, passare da lì è una consuetudine frequente, passare e guardare è un insieme incollato, ma penso sapessi che ti stavo parlando. Quel parlare fatto di parole mute, non espresse ma comprensibili, così strutturate laggiù in fondo alla svolta del cuore che diventano vene, così potenti da trasformarsi in esplosioni segrete di fuochi. Comunque non mi hai scordata, se eri lì non mi hai scordata. Ti ho già detto che ci siamo tutti più incattiviti, siamo più intolleranti, più indisponibili? Che ci sentiamo ogni giorno più derubati di qualcosa, più ostaggi di qualcuno, più incompresi? E ti ho fatto arrivare il pensiero che la solitudine ha messo casa nelle nostre insicurezze come pilastri di cemento armato in venti metri sotto terra? L'inverno non è passato, qui lo sai che dura fino a maggio, ma la corrispondenza di un incontro denso può dare un solido riparo dal freddo che si affeziona a certi luoghi. Una faccia che ti guarda con la familiarità della conoscenza è un dialogo che ha a che fare con un'appartenenza speciale, che non conosce tradimenti perchè, semplicemente, ti senti protetto e al sicuro stando al centro del mondo. Non so se sono cambiata, penso sempre che si possa migliorare, la verità è che non sappiamo bene in cosa. E se vale la pena farlo per confermare delle aspettative o solo perché cambiando si può riuscire a stare meglio con la parte più difficile di noi stessi. Non lo so, non ho certezze. Ho dimore di vaghezze vorticose, ho passaggi interrotti, imprecisioni superstiti a qualunque correzione, esperimenti ancora da bilanciare. Ma tu lo sai, perciò eri dietro al vetro. Per ricordarmi di avere cura dei miei pezzi sparsi, di andare a cercare la mia luna piena, di mettere all'aria la stanchezza distesa. Per confermarmi chi sono, chi resto. Ma soprattutto per dirmi che non dovrò mai sentirmi costretta ad essere un "io" diversa da "me". Ma questo, forse, l'ho capito.
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