IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
26.02.2017 - 11:20
Mi hai vista. Me lo hai detto e questo mi basta. Passiamo la vita nel tentativo di non deluderla, di non deluderci, siamo scolari diligenti nell'imparare, studiamo cos'è la pazienza, ci chiedono di capire. Trasportiamo addosso sulle spalle la fatica dei giorni difficili, quell'ordinarietà fatta di occupazioni e preoccupazioni, di malintesi, di ingratitudine. Camminiano con le ginocchia stanche fra i percorsi delle parole destinate a non essere ascoltate, fra le mani si nascondono le pieghe dei dispiaceri che cadono dagli occhi, qualche notte si sente la testa litigare con le sue voci. Muoviamo il corpo senza dargli troppa attenzione, come fosse una struttura autonoma pianificata per produrre e non dare troppi fastidi, non abbiamo mai tempo per dedicarci tempo, per guardarci in uno sguardo triste o amorevole, per sentire una parola che inciampa sbadata in un momento di verità. E poi quella incuria di chi dà tutto per scontato, quella pretesa di essere sempre in credito senza mai restituire, quel momento in cui devi pure ringraziare qualcuno invece di essere ringraziato, quel muoversi in certe ore della vita come se già ne fossimo fuori senza essere ancora da nessuna parte. Si sente una strana grazia nel cuore quando mettiamo in circolo la generosità nel prendersi cura di qualcuno, di non volergli male, di non seppellirlo con una indifferenza spoglia persino di un gesto annoiato. Le persone non si vedono fra loro. Si guarda il movimento, il ruolo, l'efficienza o la deficienza, la produttività o l'incapacità, ma poche volte andiamo oltre la tenuta tecnica, oltre la performance, oltre quello che sembra. Ci costa fatica, ci esporremmo all'impegno di cambiare registro comunicativo, ci dovremmo avvicinare ad una densità emotiva che potrebbe franare in una intimità che imbarazza la asettica formalità e destabilizza la comoda superficialità. Ma tutti abbiamo il diritto ed il bisogno di essere toccati dall'emozione di un contatto con l'anima, di una possibilità comunicativa profonda, di non pensare che siamo casuali, ma qualche volta scelti, di decidere se stare o se invece andare. Tu mi hai vista. Me lo hai detto e questo mi basta. Oltre questa frontiera ridotta ad una trincea sanguinosa si può andare, basta capovolgere l'insignificante nel quale siamo convinti di stare e modellarlo in un un momento potente di rivelazione, in un incastro inedito di attenzione e pace, di assistenza per una privazione di benessere primario, di sostegno senza restrizioni nè ambiguità. Il lusso umano dello sguardo diritto e diretto, che lo senti sotto i vestiti come una luce calda, quello che ti tocca e ti sente. Quello che cura.
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