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I pensieri dell'Altrove

Affacciati su di un traffico caldo di ali

Perché qui, per noi che resistiamo, è ancora tutto in un buongiorno ed una buonanotte. Come quello che vedo nascere oltre i vetri del mio balcone, su un ramo che aspettava fedele, figlio di un albero che sembra una madre paziente ed accogliente.

Affacciati su di un traffico caldo di ali

Da qui è passato l'inverno. Con i cieli che facevano cadere le nuvole pesanti, le piogge che duravano giorni, la neve che non abbiamo visto. È passato nelle ore chiuse, in confidenza solo con le luci accese ed il freddo nei muri delle stanze, è passato nelle ossa rattrappite e fra i capelli cresciuti. È passato nella fatica di riconoscersi nelle nebbie, in quella di far scendere le febbri alte, fra le immagini dolorose del mondo scaricate direttamente nelle nostre cucine. Un'emorragia inarrestabile di brutte notizie, nessun miracolo, nessuna convalescenza definitivamente scordata. Da qui è passata la noia. Quella che sta a metà fra l'inedia e l'astenìa, che la riconosci non perché ti morde facendoti male, ma perchè lavora nascosta nelle vene della testa e nei nervi dei pensieri fino a farti sentire ostaggio di una ragnatela spessa che ti rallenta i giorni e ti allunga le notti. In questo tempo abbiamo però visto i tramonti con i colori precisi, non diluiti dal tepore del sole, la terra scura che aspettava di partorire il suo grano, gli alberi con i rami secchi che comunicavano la riservatezza e la custodia per quello che adesso nascerà. Da qui è passata l'attesa. Quell'aspettativa simile ad un'indagine personale ed intima, con la complessità di elementi che si compongono e scompongono indipendentemente dalla tua volontà, quell'attesa che vuole delle finestre spalancate sulle confidenze e sulle azioni, sulle buone promesse e nelle comprensioni scomode. Da qui sono passate le parole. Prodotte dalla rabbia o ispirate dalla tenerezza, spogliate dalla convenienza ipocrita e scaraventate addosso, taglienti e compresse, come uscite fuori da una lunga prigionìa ingiusta. E poi quelle che servono al cuore come farmaci, preparati con le carezze, arrotondati da molecole di salvezza sicura, di affidabile riparo rotondo, come abbracci stretti. Da qui è passata la curiosità della vita. Disordinata, malata, insopportabile, ma insieme utile e necessaria. Giocosa e pericolosa, profumata e piena di tentazioni. Perché qui, per noi che resistiamo, è ancora tutto in un buongiorno ed una buonanotte. In un'idea di uomo e la sua tragedia. In un un documento di carta e la sua identità di carne. In una traccia ed un proseguimento. In un errore ed un trionfo. Una discesa in un buco melmoso ed un volo altissimo. Un danno ed un risarcimento. È un urlo, uno sguardo, un attimo, un nido. Come quello che vedo nascere oltre i vetri del mio balcone, su un ramo che aspettava fedele, figlio di un albero che sembra una madre paziente ed accogliente. Un progetto della natura più forte di ogni altra intenzione, più forte di ogni passaggio, più incosciente di ogni ragione, capace di dare casa e benedizione ad un traffico caldo di ali e ad un impreciso futuro.

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Mariantonietta Ippolito

Mariantonietta Ippolito

Il pensiero è la forma più inviolabile e libera che un individuo possa avere. Il pensiero è espressione di verità, di crudezza, di amore. Quando il pensiero diventa parola il rischio della contaminazione della sua autenticità è alto. La scrittura, invece, lo assottiglia, ma non lo violenta. Io amo la scrittura, quella asciutta, un po’ spigolosa, quella che va per sottrazioni e non per addizioni. Quella che mi rappresenta e mi assomiglia, quella che proverò a proporre qui. Dal mondo di “Kabul” al vasto mondo dei pensieri dell’”altrove”.

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