IL MATTINO
I pensieri dell'Altrove
29.11.2015 - 10:41
È cambiata l'aria. Ti sposti per evitare il sibilo, per addolcire lo spigolo del disagio, ma resti fra le maglie di un condizionamento inevitabile. È cambiato il tempo. Le mani sono fredde, le gole arrossate, si cammina curvi ed in fretta per entrare e restare al caldo da qualche parte. Sono giorni unici senza sole e senza pace, hanno portato riflessioni nuove che spaventano, hanno rinchiuso le persone in una bolla di vulnerabilità e il freddo è complice di un isolamento pretestuosamente protettivo. Sono giorni brutti, come la bruttura di un discorso che su quattro parole ne ha almeno due che hanno a che fare con la guerra.
Mio nonno aveva il piede sinistro senza dita. Amputate per assideramento durante la prima guerra, fra la neve delle disumane trincee ai confini dell'Austria. Mio nonno a noi raccontava poco della sua guerra, ed io in verità non volevo poi sapere molto di più, ma in quel piede monco c'era Il racconto, c'era la storia orribile, c'era la violenza più cattiva che strisciava nella nostra cucina, dormiva nel suo letto, schiaffeggiava i suoi sogni e viveva nel suo calzino. Era la testimonianza scomoda che andava nascosta con pudore nel privato, nel pubblico era però oggetto d'onore e di orgoglio, tanto da meritare una medaglia al valore. Ma la medaglia nella cornice appesa in salotto per noi bambini aveva lo stesso peso specifico del quadretto con i fiori messo al lato destro dell'onorificenza, per noi non c'era nessun nesso causale fra nonno e il riconoscimento militare, per noi c'era solo un piede monco, mai visto nudo, e quindi se possibile ancora più terribile nel mio immaginario. La guerra dentro casa mia era diventata presenza; la scarpa, evidentemente ortopedica, era la sua malattia, la medaglia al valore militare la sua improbabile cura. Ma la ferita rimaneva, visibile ed immutabile, scandalosa come un oltraggio, segno di un dolore permanente e invalidante. Ecco, la guerra è una grande, incomprensibile mutilazione. Della libertà, dei movimenti, del pensiero civile, della umanità. È invasiva nei tessuti più profondi, non anestetizza le paure neanche dei più folli, non sostituisce le debolezze in forze sane ma solo in un potere che ha la puzza dell'ambiguità. A casa mia non era più mio nonno che si portava appresso il piede monco e pluridecorato, ma era il suo piede offeso che era diventato mio nonno. E cioé un insulto, una lotta a mani nude verso giri ideologici distruttivi e assetti politici modificati con l'odore acre del sangue e della morte. Che per le madri, le mogli, i figli, non è mai così gloriosa. È la morte, punto.
È cambiata l'aria, e fa pure freddo. Non mi muovo, mi commuovo, e da qui provo per un attimo ad abbracciare tutta la furia del mondo.
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