IL MATTINO
Il punto
04.04.2018 - 12:44
Oggi inizia la due giorni di consultazioni decisa dal Presidente Mattarella per la formazione del nuovo Governo italiano. E, inevitabilmente, fa discutere la salita al Colle anche di Silvio Berlusconi alla guida della delegazione di Forza Italia. Indubbiamente, il Cavaliere è il padre fondatore del partito acclamato per vent’anni dalla maggioranza degli italiani che hanno sperato in un cambiamento radicale della politica, della finanza, della giustizia. Il 4 marzo, la maggioranza degli italiani ha dichiarato, nelle urne, la fine di quella illusione dando maggiore credito al M5S (32,68%), al PD (18,72%) e alla Lega di Salvini (17,37%). Forza Italia crolla dal 21,6% del 2013 (sotto la bandiera del Pdl) al 14,01%. Tra le tanti ragioni di questa disfatta, non è trascurabile l’incapacità degli azzurri di rigenerare i propri vertici, sottraendosi all’egemonia di Berlusconi che la gente ha percepito pervasivamente nella scelta di candidati alle politiche ancora una volta poco aderenti alle esigenze di cambiamento dei territori, emanazione diretta di quell’azienda partito unidiretta dal Cavaliere maggior azionista di maggioranza. Il quale, da amministratore delegato, ora s’impone anche alla guida della delegazione forzista nei negoziati con Mattarella per il nuovo Governo. Gli italiani, però, hanno chiesto che l’Esecutivo sia lo specchio delle urne e degli eletti, tra cui non c’è Berlusconi così come non c’è Grillo a cui si deve la nascita del Movimento 5 Stelle. Quindi, se il padre fondatore del M5S non ha alcuna pretesa di accompagnare i pentastellati alle consultazioni con Mattarella, perché il Cavaliere dovrebbe salire al Colle? Insomma, l’onnipresenza di Silvio non giova alla maturità degli esponenti parlamentari, istituzionali, di Forza Italia che continuano a patire le vertigini del potere ventennale del Cavaliere.
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