IL MATTINO
IL PIANETA VEGA
17.04.2016 - 00:20
E siamo giunti al fatidico 17 aprile, giorno del referendum sulle trivellazioni. Come andrà a finire?
Nei mesi passati si è detto un po' di tutto; le ragioni del SI, che appaiono incontrovertibili, sono state però contraddette da quelle del NO, anzi, dell'astensione. Ecco, l'astensione è stata un po' il casus belli di questa tornata referendaria, probabilmente più del quesito in sé. Infatti andare a votare, lo sappiamo tutti, è un diritto/dovere. Predicare l'astensione, soprattutto da parte di un partito di governo, appare un po' fuori luogo. La democrazia va sempre promossa, anche perché se le ragioni del NO sono così forti, perché temere il raggiungimento del quorum? Non è che uno debba essere per forza contrario al prolungarsi delle trivellazioni: sulla scheda esistono due opzioni e si può scegliere tranquillamente di darvi seguito. In realtà quella dell'astensione sembra essere (per restare in tema) l'ultima spiaggia di chi proprio questo referendum non lo digerisce. Ci avevano già provato menomandolo, e poi non accorpandolo alle amministrative. Non si capisce che cosa temano in certi ambienti. O forse si capisce, perché a pensar male, come diceva qualcuno, ci si azzecca.
La verità è che in questo referendum la sta facendo da padrone la disinformazione o meglio la cattiva o lacunosa informazione. Le argomentazioni riportate dall'una e dall'altra parte sembrano tutte ragionevoli, soprattutto su una materia in cui pochissimi hanno competenze che permettano loro di capirci davvero qualcosa. Da un lato si estrae prevalentemente gas e non petrolio, pertanto non si corrono rischi di sversamenti. Dall'altra si paventa l'aumento del transito di petroliere. Da un lato si parla di perdita economica, dall'altro si ricorda che i ricavi appartengono alle compagnie petrolifere, non al Paese. Da una parte dicono che sulle piattaforme crescono le cozze, dall'altra è abbastanza ovvio che queste trivelle pulite pulite di certo non sono.
Ma il problema più grande, in tutto questo, sapete qual è? Che se c'è qualcosa di gravemente inquinato è il rapporto fra cittadini e istituzioni e anche fra istituzioni e istituzioni, con le Regioni che cercano di riprendersi una fetta di autonomia, politici che - dai, un po' e così - usano la questione energetica per opporsi ai loro stessi compagni di partito, popolazione che non si fida di chi la governa (e un po' ha ragione, non avendo nemmeno potuto esprimersi in un voto collettivo) e di chi assicura che delle trivelle non occorra preoccuparsi. Evidentemente c'è un cortocircuito democratico che non andrebbe sottovalutato.
Poi c'è la questione dell'energia pulita. Vero è che non ne abbiamo così, bella e pronta, per sopperire a una eventuale repentina mancanza di fonti energetiche (che in realtà non dovrebbe accadere). Ma votare SI è un segno che questa energia pulita la si vuole, e che bisogna lavorare in tal senso. Ci sono Stati, come i Paesi Bassi, che prevedono di abolire auto a diesel e benzina entro il 2025. Non sappiamo se l'obiettivo sarà raggiunto, ma è una presa di posizione indice di un approccio che cerca di mettere da parte le fonti fossili a favore di qualcosa che abbia un minor impatto ambientale. La questione trivelle, allora, è concettuale ancor prima che ambientale e/o economica e/o politica: significa avere la buona volontà di liberarsi di alcune logiche ed entrare in altre, più sostenibili.
E anche di tenere ben presente che, sia SI, o sia NO, il voto si esprime. Anche a costo di annullare la scheda, alle urne ci si reca, perché c'è gente che ha dato la vita perché noi oggi avessimo tutti questo diritto, e perché - come cittadini - della democrazia, che viene continuamente delegata, ci è rimasto ben poco, per cui disimpegnarsi nell'unico strumento veramente popolare che abbiamo significa che in futuro, se qualcuno farà passare leggi che non ci piacciono senza prima sottoporle al nostro vaglio, potremo solo avere la coerenza di non parlare.
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