IL MATTINO
AntichiRitorni
11.02.2018 - 02:14
Nel mese della “februatio” (purificazione), di cui abbiamo parlato la scorsa settimana, la festa più importante erano i Lupercalia, che si celebravano intorno alla metà del mese. Queste feste avevano una duplice funzione: la prima era legata all’etimologia del nome: il termine Lupercalia infatti dovrebbe risalire a lupus (“lupo”) + arcere (“andare a caccia”), in virtù del fatto che durante il periodo più freddo dell’anno c’erano tantissimi lupi affamati che andavano a caccia di ovini; per scongiurare il pericolo che ciò si verificasse si celebravano dei riti in onore di Luperco (o Fauno), dio della fertilità, delle messi e degli armenti. La seconda funzione per cui si celebravano i Lupercalia è sempre legata ai riti di fertilità; difatti racconta il poeta Ovidio, nei “Fasti”, che, durante il regno di Romolo, le donne attraversarono un lungo periodo di sterilità; consultato l’oracolo della dea Giunone, questa disse che era necessario che le donne “fossero penetrate da un capro”. Sappiamo bene che gli oracoli erano spesso oscuri e insidiosi ma i Romani interpretarono correttamente ciò che andava fatto, ovvero sacrificarono dei capri alla dea e gli uomini si rivestirono del manto degli animali, poi, tagliandone la pelle a strisce, ne ottennero delle fruste con le quali rincorrevano e sferzavano le donne. Questo rito, come racconta Plutarco nella “Vita di Romolo”, si svolgeva regolarmente a Roma ogni anno proprio per favorire la fecondità delle donne ed essere di buon auspicio a future nozze (se non erano ancora maritate); per cui ci si recava nella grotta del Lupercale (così chiamata perché la leggenda voleva che qui fossero stati allattati dalla lupa Romolo e Remo, e qui risiedeva il dio Luperco/Fauno), collocata ai piedi del Palatino, dove i sacerdoti del dio, i Luperci, sacrificavano alcune capre e un cane, in più consacravano ogni anno due nuovi sacerdoti tra i patrizi. Poi si compiva il rito delle frustate, che culminava in feste e banchetti. Ancora una volta il cristianesimo non riuscendo a debellare questi antichi culti, cercò di ‘sostituirli’ con qualcos’altro: non è un caso che nel V secolo papa Gelasio I decise di proibire le feste per la fertilità ma propose di dedicare la festa del 14 febbraio a San Valentino martire, vescovo di Terni, divenuto solo nei secoli successivi patrono degli innamorati, ma con l’amore non aveva molto a che fare, se non per il periodo dell’anno in cui cadeva la ricorrenza. Inoltre, non è sempre un caso che queste feste dedicate originariamente a Giunone Purificatrice (poiché il mese di februarius = februare = purificare, era dedicato alla purificazione che precedeva la rinascita del ciclo della natura), si collochino nel mese in cui la Chiesa celebra anche la Purificazione di Maria Vergine.
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