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Diomede, i cavalli e le diomedee… quel sangue greco che scorre nelle nostre vene

Ideatore di mille astuzie insieme ad Ulisse, da lui hanno avuto origine le Tremiti

Diomede, i cavalli e le diomedee… quel sangue greco che scorre nelle nostre vene

A lui si deve la fondazione di molte città dell’Adriatico da Ancona a Vasto, a Lucera, a Siponto, fino a Venosa (che, come si evince dal nome “Venus”, consacrò alla dea Venere per farsi perdonare), passando per la nostra Daunia (come narrava il geografo Strabone).

Diomede, un nome tanto caro al nostro territorio. Ma chi era costui? Sin da quando ne abbiamo memoria abbiamo spesso sentito parlare di isole diomedee (le Tremiti), campi diomedei e persino di una specie di albatri (uccelli marini) chiamati per l’appunto “diomedee”. Perché? Il nome di Diomede è tanto antico quanto la nascita della letteratura occidentale; lo troviamo difatti niente poco di meno che nell’Iliade, il più celebre – e più antico – dei poemi omerici. Qui l’eroe greco Diomede è compagno d’armi di Ulisse, insieme a lui compie diverse imprese assai pericolose: come il furto del Palladio (simulacro di Pallade Atena che proteggeva la città) o l’uccisione del re Reso (materia di tragedie e non solo). Di lui Omero raccontava che non solo si scontrò con il troiano Enea ma stava quasi per decretarne la morte se non fosse intervenuta la dea Afrodite a salvarlo; inoltre, tanto era forte Diomede che riuscì a ferire dapprima Afrodite e successivamente persino Ares (il dio della guerra!). Sopravvissuto alla Guerra di Troia, questo eroe capace di scontrarsi finanche con gli dèi, dopo alcune peripezie, decise di navigare verso la penisola italica, dove svolse l’opera di ‘civilizzatore’ dei popoli autoctoni, facendo loro conoscere la cultura greca. In particolar modo però Diomede fu allevatore di cavalli: questa è l’arte che insegnò specialmente alle popolazioni della nostra penisola. A lui si deve la fondazione di molte città dell’Adriatico da Ancona a Vasto, a Lucera, a Siponto, fino a Venosa (che, come si evince dal nome “Venus”, consacrò alla dea Venere per farsi perdonare), passando per la nostra Daunia (come narrava il geografo Strabone). Qui – si racconta – l’eroe decise di fermarsi, offrendo aiuto militare al re Dauno nella guerra contro i vicini Messapi. Grazie alla vittoria ottenuta e al valore dimostrato in battaglia, Diomede come ricompensa ottenne in sposa la figlia di Dauno e un appezzamento di terra: i Campi Diomedei, dove era solito allenare i suoi cavalli. La leggenda vuole che Diomede aveva portato con sé tre massi da Troia che gettò nelle acque antistanti il Gargano; questi risorsero dal mare trasformandosi in isole (San Domino, San Nicola e Capraia). Altre leggende narrano che morì in un’isola delle Tremiti (precisamente San Nicola) e che la dea Afrodite trasformò i suoi compagni in grandi uccelli marini, affinché potessero vegliare sulla sua tomba; ecco perché sia le isole che gli albatri che spesso vi approdano hanno preso il nome di “diomedee”. Orbene, perché vi raccontiamo questo mito? Per essere ancora più fieri della nostra terra: primo baluardo di civiltà in Italia.

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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