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Il 'supplizio di Tantalo', ovvero quando un desiderio è perennemente inappagato

Nell'Odissea ad un certo punto si legge che Ulisse scende negli Inferi e qui tra i tanti vede un uomo completamente immobilizzato in acqua ma se tenta di berla questa si ritrae

Il 'supplizio di Tantalo', ovvero quando un desiderio è perennemente inappagato

Conoscete quella terribile sensazione di quando si è vicinissimi ad ottenere ciò che più desideriamo ma non possiamo averlo? Quando vi siete trovati ad un passo da poter ottenere un lavoro, una promozione, l'amore della vostra vita o qualsiasi altra cosa e perderlo per un pelo? Certo che sì. E se ciò si ripetesse continuamente? È una sensazione di tale frustrazione da essere equiparata ad un vero e proprio supplizio, tanto che si parla di "supplizio di Tantalo". Chi era costui? Nell'Odissea ad un certo punto si legge che Ulisse scende negli Inferi e qui tra i tanti vede un uomo completamente immobilizzato in acqua ma se tenta di berla questa si ritrae, su di lui vi è un albero ricco di frutti, gli basterebbe sporgersi per prenderli ma se lo fa i rami si ritraggono; quest'uomo è Tantalo. Tantalo era figlio di un dio (secondo alcuni proprio Zeus) e gli dei gli garantivano la loro amicizia e benevolenza, ma Tantalo volle saggiare la loro onniscenza, peccando così di tracotanza. Molte volte offese gli dei: rubò nettare e ambrosia, rapì il coppiere Ganimede, ma soprattutto fece a pezzi il proprio figlio Pelope e ne imbandì le carni agli dei, per vedere se potevano accorgersene. Gli dei si accorsero subito che quelle erano carni umane (eccetto Demetra che ne aveva già assaggiato un boccone), così Zeus fulminò immediatamente Tantalo e per la sua empietà lo condannò da morto a provare una fame e una sete implacabili e mai soddisfatte. Così lo ritroviamo anche nella Commedia di Dante. Infine Zeus resuscitò Pelope e ricostruì in avorio la spalla che gli era stata mangiata. Qual è il vostro supplizio di Tantalo?

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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