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E se volessi restare un po’ solo? La parola a Seneca

Dedico il mio blog domenicale a chi trascorrerà il Natale in solitudine

E se volessi restare un po’ solo? La parola a Seneca

Frederick Leighton, Solitudine, 1890

«Vedi quale stima io ho di te: oso affidarti a te stesso. Lo stolto non sa giovarsi di quel vantaggio che porta la solitudine, [...] Vedi dunque che cosa io spero per te: non trovo una persona con la quale io desideri che tu ti intrattenga più che con te stesso».

C’è aria di festa! Tutto nelle strade, nella case e negli animi inneggia al Bambin Gesù; la nascita del Signore è celebrata con lo stare assieme, con lo gioire gli uni con gli altri. Mai come in questi giorni si coglie l’occasione per rivedere amici e parenti, trascorrendo in festosa compagnia le giornate. Eppure non per tutti le feste sono sinonimo di ilarità. Strano a dirsi ma il clima festivo nuoce particolarmente a chi proprio non riesce a staccarsi dalla propria solitudine; l’atmosfera di condivisione può in taluni casi creare disagio a chi non se ne sente parte, e ci si chiede perché proprio non si si è capaci a fare come gli altri. Questo perché in una società come quella attuale la solitudine è associata ad un ‘male oscuro’, a qualcosa di negativo da mettere al bando sempre e comunque. Non così per gli antichi. Per cui ho deciso di dedicare il mio blog natalizio a chi queste feste non le trascorrerà tra cenoni fastosi, circondato da moltitudini di persone, bensì in solitudine. Lascio la parola a Lucio Anneo Seneca, che così scriveva al suo discepolo Lucilio:

«Così è, sono fermo nel mio convincimento: fuggi i molti, fuggi i pochi, fuggi anche l'uno: non ho una persona con la quale ti veda volentieri in comunione di spirito. Vedi quale stima io ho di te: oso affidarti a te stesso. Lo stolto non sa giovarsi di quel vantaggio che porta la solitudine, cioè di non affidarsi ad altri e quindi di non temere i delatori, perché proprio lui tradisce se stesso. Vedi dunque che cosa io spero per te: non trovo una persona con la quale io desideri che tu ti intrattenga più che con te stesso». E aggiunge per concludere: «Eccoti una verità che ho trovato in Atenodoro: "Tu saprai per certo di essere libero da tutte le cupidigie quando giungerai a questo punto di pregare Dio solo per chiedere cose che tu possa chiedere pubblicamente". Invece vedi quanta è la povertà mentale degli uomini. Sussurrano a bassa voce domande indegne: se qualcuno porge l'orecchio ad ascoltare, tacciono, e dicono a Dio ciò che non vorrebbero che un uomo sapesse. Vedi dunque se si possa con giovamento dare questo precetto: così vivi con gli uomini come se Dio ti veda: e così parla con Dio come se gli uomini ti ascoltino».

Cosa voleva dire il filosofo Seneca? Certamente, non che dobbiamo estraniarci dal mondo, fuggirlo, ma che talvolta bisogna saper alternare la solitudine allo stare con gli altri, poiché la prima ci farà sentire il desiderio degli altri, il secondo di noi stessi. Orbene, non vivete la solitudine come valore negativo e non preoccupatevi se ne avvertite l’esigenza, talora lo stare soli è necessario per fare ordine e acquistare una maggiore consapevolezza di sé; il che ci porta a stare bene anche con gli altri. Buon Natale a tutti!

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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