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Come è nata l’altalena? Per placare la ‘possessione’ di Erigone

Dalla costellazione della Vergine al “tarantismo” di Ernesto De Martino. Un rimedio alla nevrosi femminile

Come è nata l’altalena? Per placare la ‘possessione’ di Erigone

Aioresis (altalena), hydria del 454 a.C.

Come spiega l’antropologo Ernesto De Martino, l’oscillare è rappresentativo della condizione di chi resta a mezz’aria tra cielo e terra, e dunque della ‘sospensione’ dello spirito. Non è un caso che questo tipo di oscillazione altalenante del corpo era usata per placare il fenomeno del “tarantismo” che colpiva molte donne salentine, credute possedute dal demonio, ma in realtà affette da forme di nevrosi

Leggo e condivido con voi lettori la notizia della morte di Padre Gabriele Amorth, noto esorcista della curia romana, autore di diversi libri, il cui cognome e aspetto – diciamolo – incutevano un po’ di timore a tutti (credenti e no), a maggior ragione perché alla sua figura erano legate tantissime storie di esorcismo di questo secolo. Tranquilli, non voglio parlarvi di demoni e possessioni, ma la vicenda mi ha spinto a riflettere che le prime forme di possessione ‘riconosciute’ come tali si incontrano per la prima volta nella Bibbia e dunque nella religione cristiana. Forse che non c’erano persone possedute nell’antica Grecia e nell’antica Roma? Non saprei dirvelo (così come non so dirvi se ce ne siano tuttora o se, invece, non si tratti di forme acute di nevrosi come suggeriva Freud) ma non mi addentro in questioni teologiche che non mi competono e che potrebbero urtare la sensibilità di molti. Sicuramente però se volessimo trovare un parallelo nella cultura greca di forme di ‘possessione’ mi viene in mente, a maggior ragione che siamo nel segno della Vergine, il mito di Erigone e delle Aletidi. Si narra che Dioniso, dio della vite, per ringraziare l’ateniese Icario dell’ospitalità ricevuta, gli fece dono del vino, fino ad allora sconosciuto agli uomini. Icario volle condividere il dono con gli abitanti del suo villaggio ma questi, ubriacatisi, non conoscendo gli effetti della bevanda, credettero di essere stati avvelenati e uccisero Icario. La figlia di quest’ultimo, Erigone (secondo alcune fonti amata dal dio Dioniso), andò disperatamente alla ricerca del padre e, quando scoprì che era morto, per il dolore si uccise impiccandosi ad un albero, non senza prima però gettare una maledizione su Atene. Da allora i Greci ritenevano che lo ‘spirito’ inquieto (tanto da essere soprannominata ‘Aletis’, cioè “la vagabonda”) e vendicativo della giovane si impossessasse delle fanciulle del posto, dando luogo ad una vera e propria epidemia di suicidi tramite cappio. Successivamente l’oracolo di Apollo suggerì loro di placare il ‘demone’ tramite il “dondolio” (in greco ‘aiora’) di un corpo, che doveva mimare l’oscillare dell’impiccato; così fu creata l’altalena (chiamata ‘aioresis’) legando lacci ad un albero, su cui le fanciulle si lasciavano ‘dondolare’. Come spiega l’antropologo Ernesto De Martino, infatti, l’oscillare è rappresentativo della condizione di chi resta a mezz’aria tra cielo e terra, e dunque della ‘sospensione’ dello spirito. Non è un caso che questo tipo di oscillazione altalenante del corpo era usata per placare il fenomeno del “tarantismo” che colpiva molte donne salentine, credute possedute dal demonio, ma in realtà affette da forme di nevrosi: «abbiamo avuto modo di osservare come nella crisi ricorrente nel mondo femminile greco, la fuga dalla comunità civile comportasse il rischio del suicidio per annegamento o per impiccagione. […] questi rischi esistenziali incombevano soprattutto nell’età pubere o concernevano più genericamente la sfera dell’eros precluso […] se la fuga senza meta era ripresa e controllata […] il suicidio trovava la sua riplasmazione nel simbolo dell’altalena»**. Ritornando al nostro mito, il dio Dioniso, impietositosi, decise di collocare Erigone tra le stelle, creando la costellazione della Vergine, e a lei furono dedicate delle feste dette Aiora o Aletidi. Riguardo alle forme di ‘possessione’ (se così possiamo dire), ricordiamo, inoltre, le Furie (di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo: http://www.ilmattinodifoggia.it/blog/alba-subrizio/26813/Nulla-e-piu-spaventoso-del-rimorso.html), personificazioni del ‘rimorso’ che facevano impazzire e conducevano al suicidio il malcapitato. A dire il vero i poeti greci e latini si ritenevano spesso ‘posseduti’ da divinità che, a detta loro, ne determinavano le azioni (Zeus, Giunone, Atena ma soprattutto Afrodite ed Eros); esempi di dèi che si impadronivano del corpo di mortali ne abbiamo a bizzeffe, ma per oggi ci fermiamo qui.

**E. De Martino, La terra del rimorso, III. Il simbolismo dell'Aioresis, pp. 230-231. https://books.google.it/books?id=2H-vdoncK2UC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

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Alba Subrizio

Alba Subrizio

«E quel giorno che ha potere solo sul mio corpo e su null’altro, ponga pure fine, quando vorrà, alla mia vita. Con la miglior parte di me volerò eterno al di sopra degli astri e il mio nome non si potrà cancellare, fin dove arriva il potere di Roma sui popoli soggiogati, là gli uomini mi leggeranno, e per tutti i secoli vivrò della mia fama…». Così Publio Ovidio Nasone conclude il suo capolavoro “Le Metamorfosi”; sulla scia del grande Sulmonese. E, allora, eccomi qui a raccontarvi di miti, eziologie e pratiche del mondo antico… che fanno bene anche oggi.

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