IL MATTINO
Pino Autunno
Curioso che uno stadio di calcio ricordi un pioniere del basket locale. Accade a Foggia con Pino Zaccheria, morto al fronte in Albania il 4 aprile del ’41 durante il secondo conflitto bellico, ed alla cui memoria è stato intitolato l’impianto di viale Ofanto nel 1946. In molti lo hanno ribattezzato Zac, forse per un vezzo, forse per rimarcare che nel glorioso ground di via Ascoli inaugurato il 22 novembre del ’25 ed ormai prossimo ai 90 anni si sono disputate epiche battaglie. E che spesso gli avversari ci hanno rimesso le penne. Trafitti dalle acuminate lame degli irriducibili nero-rossi di Capitanata. Zac!
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ISBN 9.788.865.721.407
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Anno Pubblicazione 24/12/2014
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N° Pagine 118
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Curioso che uno stadio di calcio ricordi un pioniere del basket locale. Accade a Foggia con Pino Zaccheria, morto al fronte in Albania il 4 aprile del ’41 durante il secondo conflitto bellico, ed alla cui memoria è stato intitolato l’impianto di viale Ofanto nel 1946. In molti lo hanno ribattezzato Zac, forse per un vezzo, forse per rimarcare che nel glorioso ground di via Ascoli inaugurato il 22 novembre del ’25 ed ormai prossimo ai 90 anni si sono disputate epiche battaglie. E che spesso gli avversari ci hanno rimesso le penne. Trafitti dalle acuminate lame degli irriducibili nero-rossi di Capitanata. Zac!
Allo Zaccheria ci ho messo piede per la prima volta esattamente 44 anni fa: era il 13 dicembre del ‘70, avevo poco più di otto anni e grazie a mio padre cominciavo ad esplorare nelle sue variegate sfaccettature il pianeta rossonero. Il Foggia era in A, pilotato dal gentleman Tommaso Maestrelli, quell’anno sarebbe retrocesso immeritatamente in B, eppure quel giorno fu capace di rispedire a casa la Lazio di Long John Chinaglia sotto una messe di gol: finì incredibilmente 5-2 con Re Cecconi, Montefusco, Saltutti e Bigon che con le loro prodezze mi mandarono letteralmente in estasi. La partita quel pomeriggio la seguii incantato dal sottotribuna, la zona franca della vecchia tribuna in cemento dove l’accesso ai minorenni era più facilmente tollerato: ricordo ancora come fosse ieri la folla oceanica all’ingresso, la trepidante attesa del pre-gara, le formazioni annunciate dall’altoparlante dall’inimitabile voce di Pertosa, il profumo inebriante dell’olio di canfora proveniente dagli spogliatoi posti a ridosso del sottotribuna, che chissà cosa daresti per risentire. E poi le curve e la gradinata in tubi innocenti, i tifosi ammassati l’uno sull’altro come sardine che ti tolgono il respiro, l’atmosfera magica e suadente che divide dalle gare che contano. Tutto very british, insomma. Nel frattempo, però, niente è più come prima. Spalti desolatamente vuoti, prefiltraggi, gabbie e barriere di ogni genere, capienza ridotta ad un quinto della sua effettiva capacità, tribuna est desolatamente chiusa. Lo Zac più che unire è diventato il luogo ideale per dividere. Tutta colpa di una normativa che se ne infischia del passato e di quello che questo stadio ha rappresentato da sempre nell’immaginario collettivo. Qualcuno, qualche tempo fa, ci ha provato a calpestare la storia dello Zaccheria e del calcio foggiano: l’idea peregrina era quella di una megastruttura, con tanto di speculazione edilizia certificata, che avrebbe dovuto sorgere alla periferia della città. Ma adesso, per favore, ridateci lo Zaccheria così come lo ricordiamo. E per sempre… (Dalla prefazione dell'Autore)
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