IL MATTINO
Il Procuratore di Parlermo che catturò Matteo Messina Denaro a colloquio con gli studenti
19.05.2025 - 12:53
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Sabato 17 maggio l’aula magna dell’IIS “Federico II” di Apricena ha ospitato l’incontro “Il peso di una scelta invisibile”, che ha visto la presenza del Procuratore Capo di Palermo, dott. Maurizio De Lucia, che con la sua squadra arrestò, dopo trent’anni di latitanza, il boss Matteo Messina Denaro. L’incontro si inserisce nell'ambito delle attività di promozione della legalità e a seguito della premiazione dell’Istituto al concorso regionale "Mi impegno per la legalità". Di seguito la nostra intervista al Procuratore, che nell’occasione ha presentato anche il libro “La cattura”.
Dalla lettura del suo libro si evince come ci sia un ricambio generazionale all’interno del sistema mafioso siciliano, le ha parlato proprio di un nuovo ‘brand’ ma anche, al contempo, di nuove forme di comunicazione…
«Si tratta di una realtà complessa. Se prima c’era la fascinazione dell’organizzazione che comunicava con forme arcaiche (tipo i ‘pizzini’) certamente più sicure ma più lente, oggi anche la mafia si è evoluta e comunica attraverso i social, che offrono più rapidità. Al contempo, c’è una mafia che vuole sempre più uscire dal ‘locale’ per espandersi, per infiltrarsi nell’economia legale, così da investire tutto il denaro che hanno (ad esempio negli appalti, guardando ai settori più produttivi, dai quali possono guadagnare di più)».
Ancora oggi ci sono rapporti tra mafia e politica? Se sì, sono preoccupanti o si tratta di casi isolati?
«Non sono casi isolati, ma ciò non vuol dire che non esistano persone oneste. Purtroppo se la mafia mette radici è perché attorno a queste associazioni orbitano tante persone che sono ‘complici’. Un fenomeno difficile da sradicare».
Lei ha combattuto per anni contro il racket delle estorsioni, qualcosa sta cambiando? O le denunce sono ancora troppo poche?
«Le denunce continuano ad essere troppo poche, a causa della capacità di intimidazione della mafia. È pur vero che, sebbene la legislazione antiracket sia efficiente, tuttavia molti fanno un calcolo di interesse, preferendo pagare, piuttosto che affrontare un processo e tutto l’iter che ne deriva».
Delle volte l’illegalità è una forma mentis, che sembra attrarre e nidifica tra i più giovani. Perché a suo parere? È dovuto forse a problemi di natura culturale e sociologica? Il nostro Paese è forse più indietro di altri da questo punto di vista?
«L’illegalità è dappertutto, anche nei Paesi più evoluti. Da noi un fenomeno peculiare è divenuto la mafia a causa dell’assenza dello Stato nel dare risposte: la mafia nidifica dove lo Stato è assente. Ad esempio, si pensi che al tempo del covid i mafiosi portavano la spesa nei quartieri più poveri, perché vige l’idea che la mafia deve apparire ‘buona’, colmando le lacune dello Stato, così da ottenere il consenso del popolino. Quello che però non si sa, è che queste associazioni chiedono sempre un conto e quando si è in debito con la mafia il conto può diventare una cosa seria. Ecco perché il nostro Paese deve stare attento a non lasciare ‘spazi’ alla mafia e ciò va fatto soprattutto con la cultura della legalità».
Quando ha arrestato Messina Denaro, cosa ha visto nei suo occhi?
«Un uomo banale. Tutti i mafiosi sono, in fondo, dei vigliacchi: sono forti nel prevaricare e usare violenza su chi è più debole solo perché agiscono con un gruppo organizzato. Agiscono in gruppo contro uomini soli (non si è mai sentito di un conflitto armato tra forze dell’Ordine e mafiosi): è dunque gente che spara alle spalle, ma presi singolarmente sono piccoli ometti. Così anche Messina Denaro, che aveva un’altissima considerazione di se stesso e voleva apparire colto, come si evince dalle sue lettere. Lettere ricche di citazioni letterarie e persino in latino, ma tutte prese con facilità da google: parlandoci di persona posso confermare che non aveva la formazione culturale che voleva millantare. È che spesso la cultura è stata per lui anche uno strumento di affascinazione sugli altri mafiosi (che ancor di più riconoscevano in lui, in tal modo, una figura superiore)».
Quali sono gli obiettivi futuri per riportare la legalità?
«La legalità si afferma quando la gente ‘sta bene’, ovvero quando c’è sviluppo socio-economico. Inoltre è necessario ‘coltivare’ i giovani con la cultura, e quale luogo migliore della scuola? Purtroppo negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di microcriminalità, che è fortemente attrattiva per i ragazzi che non hanno alternative (!), ecco perché è necessario che lo Stato offra queste ‘alternative’. Quindi da un lato maggiori garanzie, dall’altro maggiore repressione».
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