IL MATTINO
cgil
04.10.2021 - 09:37
La Cgil di Basilicata, in una nota, ha espresso "piena solidarietà" all'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, condannato a 13 anni e due mesi di reclusione «per quanto fatto nel piccolo paese in cui è stato sindaco in tema di accoglienza». «Nell'attesa di meglio comprendere le ragioni della sentenza - ha sottoljneato il segretario generale Cgil Basilicata, Angelo Summa - il caso di Mimmo Lucano, i cui valori e principi non vengono assolutamente messi in dubbio, aprono di nuovo la discussione sulle politiche d'accoglienza in Italia e delle difficoltà in cui si trovano ad operare gli amministratori locali, ultimi destinatari di scelte prese altrove». Nelle ultime ore, a causa della mediaticità del processo e delle ricadute politiche della sentenza in primo grado, sono state rilasciate numerose dichiarazioni agli organi di stampa dai diretti interessati togati. Il procuratore di Locri, Luigi D’Alessio ha definito Lucano:«Un bandito idealista da western. Chiunque può commettere qualsiasi reato purché a fin di bene?» si domanda il magistrato. A Mimmo Lucano riconosce “una mirabile idea di accoglienza”, ma gli contesta di averla “riservata a pochi eletti che avevano occupato le case”. In altre parole, a dispetto della norma che prevedeva un avvicendamento periodico dei migranti, “lui manteneva sempre gli stessi, sottomessi. Gli altri li mandava nell’inferno delle baraccopoli di Rosarno”. Benché incassasse i fondi destinati ai corsi obbligatori di italiano, “non c’era un migrante che lo parlava”. E al di là dei murales e di qualche casa diroccata, “gli alloggi destinati ai migranti venivano abitati dai cantanti invitati per i festival”. E ancora: «Tutto era organizzato per favorire varie cooperative locali, creare clientele, accumulare ricchezze, beneficiare di indotti elettorali». Di qui la dura condanna per associazione a delinquere, oltre che di Lucano, di altre dieci persone. Il pm Michele Permunian invece: «I reati ci sono e sono gravi. Comprendo il peso di una pena del genere: quando ho chiesto 7 anni e 11 mesi, sapevo che c’era il rischio di una condanna più alta», dice a Repubblica.
Accedi per continuare la lettura
edizione digitale
Il Mattino di foggia