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amministrazione penitenziaria

Sistema carceri, la slot machine dei comandanti: il paradiso economico dietro le sbarre

Quando la conta dei detenuti si scontra con i conti (in tasca) dei "turisti in divisa" e la giustizia perde la partita. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, novello Re Mida, trasforma con un tocco di mano il comandante in missione forfettaria per le "capacità emerse in colloqui insindacabili" in promozioni e missioni dorate da 3.300 euro aggiuntive al mese per girare l'Italia

Sistema carceri, la slot machine dei comandanti: il paradiso economico dietro le sbarre

Nelle carceri italiane ogni giorno è una scommessa ad alto rischio. Gli agenti, spesso giovani e inesperti, si trovano in prima linea a fare la conta dei detenuti: alle 8, alle 12, alle 16, alle 20, alle 24, ce ne sarebbe anche una alle 3.00 del mattino. Un rituale che si ripete mentre la violenza cresce, la droga circola a fiumi, le aggressioni agli uomini in divisa aumentano e le celle finanche i materassi bruciano. Un girone dantesco tra clamorose pistolettate per una sorta di giustizia "fai da te" come a Frosinone nel 2021 quando un detenuto in alta sicurezza per reati legati alla Camorra era inspiegabilmente in possesso di una pistola per replicare alle offese fisiche e verbali ricevute alcuni giorni prima da altri detenuti. Tre colpi di pistola. Poteva essere una strage degna delle romanzate carceri sudamericane. Droga e ancora droga che in caso di sequestri importanti innesca meccanismi perversi: i detenuti, che hanno già pagato in anticipo, si ritrovano senza sostanze stupefacenti e senza denaro, generando conflitti e violenze, tra suicidi e salvataggi da parte della Polizia Penitenziaria per tentati suicidi. Ma lontano da questo film horror, mentre le carceri esplodono e i detenuti vivono come bestie, tra strutture fatiscenti e sistemi di videosorveglianza e di antiscavalcamento obsoleti o non funzionanti, nei corridoi del potere, si gioca un'altra partita. I vertici dell'amministrazione penitenziaria hanno inventato un nuovo gioco: il "bonus comandante". Le regole? Semplici. Prendi un dirigente con un piede già nella pensione, mandalo in "missione forfettaria", et voilà: 110 euro al giorno piovono nelle sue tasche come monete da una slot machine impazzita e poi magari a compendio un bel trasferimento d’ufficio finale, salvo poi e subito dopo doverne trovare un altro che vada a rimpiazzare la postazione. Trento, San Gimignano, Verona, Prato: ecco le nuove oasi di questo paradiso fiscale penitenziario, lo spettacolo raggiunge vette surreali: due comandanti si alternano come in un tour operator dell'assurdo. Alfa lascia il posto a Beta, in una danza che farebbe invidia a due giocatori di poker. "La continuità amministrativa? Un concetto elastico come la coscienza amministrativa di chi concede il massimo liquidabile.
Mentre giovani agenti rischiano la vita nelle periferie delle galere, mentre giovani dirigenti stanziano al Dap e vi permarranno, alcuni anziani comandanti si godono il luna park amministrativo per il bonus di fine di carriera, quella che per i comuni mortali è lenta e frustrante e per i prediletti del sistema una vincita assicurata", tuona Leo Beneduci – segretario generale O.S.A.P.P. (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria). "In altri corpi - Finanza, Polizia, Carabinieri - le promozioni per meriti eccezionali - rimarca Beneduci - sono rare come un'oasi nel deserto. Qui, invece, sembrano essere all'ordine del giorno, come se il Corpo fosse qualcosa di avanzato e superiore agli altri ed i meriti straordinari in servizio venissero veramente considerati, tipo una perquisizione ordinata da altri e svolta con mera regolarità per premiare gli amici e colpire i nemici, una delle più elementari regole della politica e oggi dell’amministrazione. Nel 2023, il sottosegretario Delmastro da Biella - patria di questo bizzarro casinò amministrativo - aveva promesso un comandante e un direttore per ogni struttura. Parole vane, gettate nell'aria come ogni migliore intenzione che viene delusa dalla burocrazia becera di cui anche le carceri muoiono da tempo.
E i guardiani dei guardiani? Ministro, sottosegretari, capi del Dipartimento: dove sono? Dovrebbero vigilare. Invece, aspettano inerti".  Il numero uno dell'Osapp non ha dubbi: "È tempo di staccare la spina a questa macchina mangiasoldi. Di accendere i riflettori su questo sistema truccato. Prima che la tragedia che si sta consumando nelle carceri italiane si trasformi in una farsa burocratica dalle conseguenze irreparabili. Perché in questo gioco, l'unica cosa certa è che a perdere sono sempre gli stessi: i giovani agenti in prima linea, i detenuti dimenticati, e la giustizia stessa, ridotta a una fiches in un casinò dove il banco vince sempre".

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